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Secondo una recente indagine di Telefono Azzurro, in collaborazione con Doxakids, il 25% dei ragazzi è sempre on line, il 20% è affetto da vamping (cioè si sveglia durante la notte per controllare i messaggi sul cellulare), quattro su cinque chatta continuamente su whatsapp, il 71% riceve in regalo uno smartphone a undici anni che lo svezza alla cyber-dipendenza prima di raggiungere l’età della ragione. È la fotografia inquietante di una realtà nota, ma che fatichiamo ad ammettere. Il solito cinico dirà che non è il caso di scomodare o colpevolizzare i giovanissimi per un problema proprio pure dei grandi. Vero, solo che i grandi hanno vissuto anche in quel medioevo non connesso che era il mondo non digitalizzato. Quindi, sanno cosa significa essere sconnessi, avere i neuroni scollegati da qualche emittente per un giorno di fila. I poveri disgraziati nativi digitali no. Sono perennemente avvinti alla matrix. Ma non è tanto questo il punto o il problema. Non sono i mezzi di cui si giovano i ragazzi di oggi a preoccupare, ma i fini che si propone chi di quei mezzi si giova. Se c’è. Il sistema della connessine acca ventiquattro, infatti, ha una missione innegabile. Che poi ci sia un centro di controllo di quella missione è una faccenda forse secondaria, oltre che indimostrabile. La mission consiste nel fabbricare in provetta persone solo recettive e non proattive, meri ripetitori di stati mentali ed emotivi concepiti altrove e veicolati attraverso le fibre di silicio della web society. Quando siamo on line, infatti, per lo più accediamo a una babele di stimoli per assorbirli e digerirli in una condizione di trance permanente. Gli stessi social non sono usati tanto per comunicare pensieri propri (più lunghi delle quattro parole in croce dei messaggi sincopati), ma per condividere e amplificare slogan altrui. Ciò trasforma ogni singola cellula della rete in uno snodo passivo investito di un’unica ragion d’essere: far scorrere il flusso. Dopo di che, le singole monadi si abbandonano alla corrente e diventano, al contempo, particole inessenziali di uno sciame. Se avete mai osservato il volo di uno stormo, le sue virate sincrone, le sue svolte just in time, potete capire il senso e la potenza di una intelligenza ‘alveare’. Ecco perché la democrazia è un concetto oramai non semplicemente inattuabile, ma materialmente impossibile. Ed ecco perché tutti i movimenti che spingono per un’applicazione degli auspici di Jean Jacques Roussau (democrazia diretta senza intermediazioni) portano acqua al mulino della matrice, stringendo ancor più i nodi del consenso coatto. La situazione di stallo intellettuale, di inettitudine appresa al pensiero indipendente delle giovani generazioni certifica la fine non di un secolo, ma di un’era: quella propriamente umana. E l’inizio di un’altra: quella trans-umana. Molti dei nuovi giovani forse sono già perduti, ma riuscire a salvarne qualcuno è una strada che vale la pena di percorrere.

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