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VAFFANCULPO

fusaroC’è stato questo scontro di fuoco in un programma di LA7 tra il giovane filosofo Diego Fusaro e il vecchio mito di Mani Pulite, Antonio di Pietro. Il primo ha avuto la meglio, in tutti i sensi, perché ha mantenuto il suo impeccabile aplomb parlando di colpo di stato mentre all’altro, per poco, non gli è venuto un colpo sul serio. La scena vista in Tv è finita su Striscia la Notizia nella rubrica ‘I nuovi mostri’ ed è un peccato perché ciò ne ha banalizzato e svilito la portata allegorica e il significato profondo. Fusaro, in effetti, si è limitato ad esporre una tesi condivisibile in toto da chiunque abbia realmente compreso il senso degli eventi dipanatisi dal 1992 in poi: Mani Pulite – e l’altra faccia della stessa medaglia, Tangentopoli, – rappresentarono l’occasione attraverso la quale venne decapitata la classe dirigente (ladra, corrotta, indecente finché si vuole) di un paese sovrano per rimpiazzarla con la classe politica eterodiretta (cioè diretta da fuori, dall’esterno, da cupole sovranazionali, opache e omertose) di un paese servo. Se lo stato della nostra intellighenzia non fosse miserevole, non avremmo dovuto attendere venticinque anni per farci raccontare la verità.  Quindi, il fatto che questa ‘scoperta’  sia stata sdoganata da un filosofo, cioè da un professionista del pensiero – educato a riflettere con la propria testa e non con quella altrui –, costituisce la nemesi storica di una classe intellettuale inabile allo spirito critico. Detto questo, occorre occuparsi anche di Di Pietro, il quale – di fronte alla pacata schiettezza del filosofo – ha invece reagito con scampoli di turpiloquio bucolico compendiabili in una sola parola: vaffanculo. Ecco la risposta che si piglia chi, nel nostro Paese, tocca certi fili. In tutto questo, Fusaro è ciò che vorremmo diventassero gli italiani, Di Pietro ciò che gli italiani sono diventati: fanciulli rapiti e incazzosi ancora infatuati delle Storie. Tipo quella di ‘c’era una volta la Banda Bassotti sgominata dal Commissario Basettoni’. Lo scontro Fusaro-Di Pietro ha in sé qualcosa di psicanalitico e sovrannaturale insieme, è una via di mezzo tra una seduta freudiana e un esorcismo. Riguardatevi in controluce la clip del confronto: il celebre PM, in quegli attimi furenti, è l’Italiano medio a cui viene disvelato l’arcano. L’italiano medio capisce che Fusaro dice il vero, ma ne soffre. Magari –  anzi di sicuro – l’uomo non fu consapevole del golpe del 1992 ma, nella sua provinciale buona fede, si ritrovò a fungere da passivo strumento di un disegno eversivo. Solo che sentirsela dire così –  la verità –  fa un male cane: succede quando si scoperchia l’inconscio. L’altra immagine (quella di un esorcismo) ce l’ha evocata la smania fuori controllo dell’ex magistrato. Fusaro ha esorcizzato Di Pietro, cioè l’intera nazione, dalla diabolica e perversa leggenda di un’epica liberazione nazionale con cui l’Italia avrebbe ripreso il possesso di se stessa. Mentre invece si stava solo predisponendo ad essere posseduta.

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