Un nipote (di cui si ignorava l’esistenza) del celebre regista George A. Romero, l’autore del cult ‘La notte dei morti viventi’ ha girato, a quasi quarant’anni di distanza, un sequel di quella leggendaria pellicola. Si intitola ‘La notte dei vivi morenti’ ed è ambientata in una amena cittadina del centro Italia. C’è chi dice Modena. Chi l’ha visto in anteprima lo definisce un crack epocale, un film in grado di cambiare la storia del cinema perché rivisita, con opportune variazioni antropologiche e adattamenti del plot, le geniali intuizioni dello zio del giovane regista. In esclusiva, ecco un riassunto della trama. Ci sono tre ragazzi svegli della media borghesia italiana ferocemente arrabbiati con lo stato delle cose, con la crisi infinita, con il lavoro precario e senza prospettive. Dopo essersi a lungo documentati leggendo libri veri (l’ossessione per la cultura ‘di carta’ è una delle chicche vintage della storia) si convincono di voler rivoluzionare il sistema dall’interno, con un impegno politico reale, uscendo dall’arena virtuale dei social e scendendo, come i padri, nelle strade e nelle piazze delle città. Proprio a un tiro di schioppo da casa loro, è in corso il più noto e gagliardo raduno della Sinistra italiana, la festa dell’Unità. Ci vanno sul presto, pagano il biglietto, c’è ancora poca gente. Iniziano a chiacchierare e si accorgono di essere squadrati in modo torvo, ostile, dagli astanti. Allora si spostano di stand in stand, tra una salamella e una Pepsi, ma ovunque si affollano persone dallo sguardo opaco, sfuggente, persino allucinato. Uno dei tre disgraziati ha la pessima idea di esprimere ad alta voce un pensiero. Un pensiero! Anzi, di più. Tre concetti sensati in quattro parole, due dei quali poco lusinghieri nei confronti del Governo e dell’Europa. All’unisono, la massa del popolo rosso allunga le braccia in avanti, sgrana le pupille, digrigna i denti e marcia in modo meccanico verso il terzetto di sprovveduti. Alcuni dei bruti robotizzati sillabano, in stato catatonico: “Abbiamo margini di flessibilità sul deficit”. Altri, tipo la voce sintetica dei caselli autostradali: “Il capo ha rilanciato la crescita, l’Italia riparte”. I più, infine, cantilenano: “Più 0,9 di PIL contro lo 0,7 stimato a inizio anno”. In breve, il primo e più ciarliero protagonista viene morso al collo, zompa sul secondo e gli mozzica un orecchio al grido di: “Abbiamo svoltato, nel 2016 acceleriamo”. Il tapino plana, come una nottola, sull’ultimo sano, che si divincola e fugge, tallonato da un carnaio di militanti affamati. Lo agguantano sul palco, dove un uomo di nome Matteo sta parlando con un uomo di nome Hollande. Anche il terzo sventurato subisce la stessa sorte e, riemerso dalla babele di fauci e di grinfie, strepita: “Staremo dentro le regole UE, il deficit tendenziale scenderà al 2,2%, e ci daranno più flessibilità”. Nell’ultima scena, la folla defluisce, si ricompatta e si accomoda, docile, sulle poltroncine. Allora Hollande sbotta: “Parbleu, Matteo, è un popolò entusiastà la tua gauche”. Qui, il giovane regista ha inserito un cameo tratto da youtube (e rigorosamente vero). Matteo ammicca ed esclama: “Il n’est plus le parti comuniste, Francois, c’est facebook!”.
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