C’è solo una faccenda più grottesca dell’avviso di garanzia a Salvini con l’accusa di sequestro di persona ed è la sentenza che dispone il sequestro di tutti (dicesi tutti) i conti di quel partito che, per inciso, è anche una delle prime due forze politiche italiane. Se un fatto del genere fosse accaduto ai tempi della Democrazia Cristiana ai danni del Partito Comunista, o viceversa, si sarebbe parlato di golpe. Oggi, invece, non si parla manco di golpetti o di golpini. Tanto poi paga Salvini. Ma la situazione resta comunque enorme nella sua monumentale gravità. Non solo, e non tanto, perché, tramite via giudiziaria, si decapita la Lega, ma anche e soprattutto perché lo si fa attraverso un’autentica aberrazione giuridica. I cosiddetti ammanchi da cui scaturisce la pronuncia riguardano due persone fisiche e non il partito; tali ammanchi valgono qualche centinaio di migliaia di euro a fronte di un sequestro per 49 milioni; il movimento guidato da Salvini è parte lesa, cioè vittima e non rea, nella vicenda; per la stessa ragione, in casi analoghi in passato, mai la giustizia aveva ‘confiscato’ i fondi dei partiti in presenza di appropriazioni indebite perpetrate dai loro tesorieri e dirigenti.
Intendiamoci: la morte per asfissia della politica popolare è già stata decisa da tempo e tutti gli sviluppi recenti, compresa l’abolizione del finanziamento pubblico, punta al bersaglio grosso (aggirare la volontà dei cittadini intermediata dai partiti) anche se un bel po’ di volponi lo negano e un bel po’ di babbei non lo vedono. Tuttavia, un conto è impedire, con una legge idiota e suicida, di finanziare i politici (lasciandoli in balia dei ricatti delle ‘generose’ donazioni delle più diverse lobby). Un altro è prosciugare le casse di un partito con una sentenza. In questo senso, Salvini ha diecimila volte ragione nel ricordare la sua investitura elettiva, di cui è privo chi rischia di liquidargli la ditta tramite eutanasia accelerata. Quel moto di orgoglio (“Io sono stato eletto”) è stato frainteso dolosamente. Torme di commentatori-giuristi improvvisati – gente formatasi sulle regole del Giro dell’oca – bacchettano Salvini per aver ‘attaccato la magistratura’ al pari di un Berlusconi qualsiasi. Con ciò non cogliendo la differenza abissale tra la rivendicazione del leader leghista e quella, analoga, di altri suoi predecessori. Questi ultimi difendevano se stessi da sentenze (fondate o meno) di condanna alla galera della loro persona. Salvini difende milioni di persone (i suoi elettori, ma anche quelli altrui) da un verdetto (infondato) di condanna all’estinzione di un intero partito.
Viviamo tempi difficili, ma ne abbiamo passati di peggiori, tipo quelli di piombo quando venivano sequestrati e poi eliminati fisicamente politici scomodi alla Matrice. Oggi, se non altro, un sorriso scappa pure a Salvini, e va capito: assistiamo allo show del ‘sequestro’ mediatico di un ministro accusato di sequestro di persona, e all’auspicio mediatico che un partito affondi grazie a un ‘creativo’ sigillo sui suoi fondi. Ma è un sorriso utile, fidatevi, un sorriso foriero di riflessioni anticonformiste, e di pensieri stupendi, e di decisioni da prendere con la matita in mano. Una volta i rivoluzionari invocavano la risata per seppellire il sistema. Oggi un sorriso consapevole può bastare: un sorriso lo seppellirà.
Francesco Carraro
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