Le parole della Von der Layen (“Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo gli strumenti”) hanno fatto rumore e suscitato indignazione. Perlomeno, tra chi conserva ancora un minimo di orgoglio nazionale e di dignità patria. Dunque, possiamo escludere una bella fetta delle liste in lizza per le politiche di domenica. Tutta l’area di beata, e assai beota, “vocazione europeista” (flottante tra il PD e i suoi cespugli) è andata in sollucchero. A loro piace un sacco quando gli italiani vengono “rieducati”. Godono duro per le pratiche sadomaso, da casa di correzione. Quelle bastonature “ortopediche” con cui i poteri forti, le istituzioni comunitarie e le cancellerie estere sanno raddrizzare la spina dorsale all’atavica indolenza dell’italica schiena.
Loro, invece, non hanno bisogno di bacchettate né di rieducazione perché si sono già “educati” da soli, per così dire. Hanno introiettato da mo’ la coazione a obbedir del vinto, l’untuosa acquiescenza del servo, la tempra immorale del vile. “Eseguire” gli viene facile. E gli è inconcepibile un Paese dove un Parlamento “democraticamente” eletto non si adegui ai diktat dei Mercati, non si prostri alle direttive delle “commissioni”, non faccia tintinnar (salivante e giulivo) le manette dei “vincoli esterni”.
Non a caso, proprio da quell’area politica venne partorita, nel 2001, la riforma costituzionale dell’articolo 117. Quella con cui fu certificata – onde emendare, a scanso di equivoci, le fughe in avanti dell’articolo 1 (la sovranità appartiene al popolo) – la minorata autonomia della Repubblica: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Per inciso: riforma approvata a “colpi di maggioranza” dalla stessa sedicente sinistra che oggi, per bocca del suo leader, accusa la destra “fascista” di voler cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza (quando si dice essere del mestiere…).
Ad ogni buon conto, torniamo a Ursula e a quella porzione di concittadini ai quali le affermazioni della Presidente sono parse irricevibili sul piano istituzionale e inaccettabili sul piano politico. Ora, quella parte (sana) del Paese, non ancora rassegnata alla disciplina securitaria dello scudiscio di Bruxelles, ha ovviamente ragione. E tuttavia, l’aspetto peggiore della faccenda non sta nella tracotante iattanza con cui Ursula è entrata a gamba tesa nella nostra campagna elettorale, mandandoci un “pizzino”. A certe intemerate d’oltre frontiera – e connessi ammiccamenti alla Al Pacino – dovrebbe essere avvezzo chiunque abbia un briciolo di memoria storica e di conoscenza dell’infernale “trappola per topi” che è la Ue.
La vera tragedia è un’altra, declinabile in due atti. Atto primo: la Von der Layen ha ragione. La UE avrebbe tutti gli strumenti per dare una “ripassata” all’Italia se gli italiani votassero “male”. Lo ha già dimostrato sette anni fa con la Grecia e lo sta dimostrando ora con Polonia e Ungheria. E quegli strumenti da potenza coloniale glieli abbiamo messi in mano noi, da Maastricht 1992 in poi: un bel gatto a nove code per farci frustare meglio. Atto secondo: la Von der Layen si preoccupa per niente. Nessun Governo italiano, di nessun colore, andrebbe (e andrà) mai in una direzione diversa da quella voluta dalla Commissione e dai suoi accoliti finanziari, bancari e “atlantici”. Lo sappiamo tutti, e lo sai benissimo anche tu, cara Ursula. Dunque, perché ci perculi? Stai serena, e goditi il dominio. Non serve fare la dura. Finchè dura.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
Nessun Commento