Il fuoco di fila di giochi linguistici, battute, metafore sfornato per l’ennesima volta da Renzi nel suo intervento all’assemblea del PD tenutasi nei saloni dell’expo di Milano può sintetizzarsi in una frase: “l’Italia è debole solo nel racconto autoflagellante di se stessa”. Ecco la parola chiave: racconto. Ci avrete fatto caso, è uno dei sostantivi più gettonati dai nuovi politici, soprattutto quelli che si spacciano per dei Kennedy redivivi, tipo Obama in America e Renzi in Italia. Il motivo è presto detto, anche se non del tutto noto. Sono personaggi che attingono a piene mani a quelle tecnologie della comunicazione persuasiva, in primis la programmazione neurolinguistica, ampiamente utilizzate in ambito aziendale. Si tratta di discipline utili e pericolose al tempo stesso. Utili perché efficaci, soprattutto nello sbloccare modalità di pensiero autodistruttive e poco performanti e nel consentire alle persone di porsi obiettivi e raggiungerli. Pericolose perché, grazie a un uso dolosamente ‘distorsivo’ del linguaggio, riescono a manipolare la percezione soggettiva che l’uomo comune (e, quindi, in politica, l’elettore medio) ha della realtà. In tutto questo il racconto è un concetto centrale perché al politico non interessa più ciò che davvero è accaduto, ciò che egli davvero ha realizzato, ma il modo in cui quell’evento o quell’azione sono raccontati, cioè ridipinti e profumati a uso e consumo di chi li ascolta. Per questo, dopo un anno di discorsi renziani, avete in bocca un sapore di sintetico e nelle orecchie un senso di deja vu e deja entendu. I suoi calembour, i suoi artifici dialettici, non sono mai spontanei, ma frutto di una certosina applicazione di tecniche quali la ristrutturazione, l’assenza di indice referenziale, il cambio di posizione percettiva, il paradosso, la contro obiezione. Se Nanni Moretti, un tempo, implorava D’Alema di dire qualcosa di sinistra, oggi potrebbe implorare Renzi di dire qualcosa di suo. Il problema è duplice: da un lato, troppi politici si fanno scrivere i testi da professionisti formatisi alla stessa scuola e, quindi, i loro pistolotti finiscono per assomigliarsi; dall’altro lato, le tecniche, sorprendenti se ascoltate una tantum, a lungo andare danno la nausea tipica dei prolungati viaggi in alto mare. Tuttavia, purtroppo per chi ne abusa (delle tecniche), ci sono realtà incontrovertibili che neppure il racconto più sofistico riesce a plasmare. Due su tutte; primo: questo è il parlamento meno legittimato della storia (in quanto frutto di elezioni perse da tutti gli schieramenti) per fare le riforme vergognose portate avanti dai renziani. Secondo: in Europa l’Italia non tocca palla neanche se gliela mettono sul dischetto. Eppure lorsignori seguitano a raccontarcela.
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