Si è tenuta, da qualche parte e in qualche modo, la festa dei cosiddetti Foglianti che sarebbero poi i lettori e sostenitori del giornale ‘Il Foglio’, già diretto da Giuliano Ferrara e ora da Claudio Cerasa. Pare sia stata una celebrazione del progresso due punto zero, un invito a scrutare fiduciosi l’orizzonte rivolto non solo ai supporters, ma agli italiani tutti. Il festival del pensiero rosa è in piena sintonia con le più recenti campagne di stampa del quotidiano, tutte giocate a suon di paginoni con i quali, giornalmente, Cerasa e i suoi fratelli ci spiegano perché dobbiamo essere felici e perché dobbiamo stare attenti a non perdere il trend di un’inguaribile ottimismo. ‘Inguaribile’ è un aggettivo appropriato e ci piace assai perché evoca il concetto di malattia e anche quello di un risanamento impossibile. Quelli del Foglio, in effetti, sono portatori euforici di una patologia non facilmente curabile, forse non curabile affatto: l’incapacità appresa di guardare alla realtà senza imbellettarla. Il che non implica, badate bene, incoraggiare una scelta di campo per il pessimismo coatto, ma semmai rifiutare la falsa medicina di un ottimismo a prescindere. Si può essere realisticamente pessimisti senza rinunciare alla cristiana speranza in un futuro migliore. Ma sforzarsi di sganasciare, a colpi di barzellette, durante un funerale, non trasforma quel funerale in un battesimo o in un matrimonio. Ecco, i foglianti, nel loro patetico sforzo di truccare la faccia del mondo per farlo apparire più bello, lo hanno reso addirittura più brutto. Perché non c’è niente di peggio della bruttezza, se non l’illusione di convertirla, a dispetto dei santi, in bellezza. Ovviamente, i foglianti sono solo relativamente colpevoli. Essi rappresentano l’avanguardia elitaria di una tendenza molto più estesa, profonda, radicata rispetto alle quattro pagine di una pubblicazione di nicchia. Siamo in presenza di un sommovimento tellurico in cui le masse tettoniche responsabili del terremoto morale, culturale e intellettuale di oggi hanno ben altra potenza di fuoco che non quella, patetica e provinciale, di una rivista come il Foglio. Ci riferiamo alla marea di pattume pubblicitario fatto di cieli azzurri e genti sorridenti, all’orgia di news e spettacoli televisivi funzionali a conservare lo status quo, alla filosofia d’accatto degli Steve Jobs, dei Mark Zuckerberg, dei Bill Gates, dei loro pessimi imitatori e dei risibili cultori di un avvenire-start-up di digitali sfumature arcobaleno. A tutta questa immane distorsione prospettica contribuiscono le tecniche insegnate dalla psicologia cognitivo-comportamentale cui attingono a piene mani i registi dietro le quinte. Tecniche proficue, se utilizzate dal singolo per riprogrammare la sua mente e sintonizzarla su canali diversi da quelli propinati dalla Matrice; tecniche letali laddove impiegate contro il singolo per indurlo a digerire l’inesorabile deriva nichilista del Sistema.
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