L’altra sera mi convocano d’urgenza a casa di un amico che ha un figlio border line, un mezzo spostato che si è iscritto al Liceo Classico. Tutti gli amici lo prendono in giro perché si è messo a fare una scuola totalmente inutile e superata. Anche i genitori sono preoccupati, ma ormai il ragazzo era talmente persuaso che hanno dovuto mandarlo proprio in quell’istituto per ritardati, col nome di un famoso retore latino dei tempi del primo triumvirato. Per un po’ mi hanno chiesto di convincerlo a cambiare idea, che era una follia, che oggi se non fai lo Scientifico o una scuola tecnica non sei nessuno, non sei performante nel futuro mondo del lavoro, insomma la competitività ti stritola. Io per un po’ ho abbozzato, stando schiscio, divagando sul vago, facendo lo gnorri per non ammettere la vergogna personale, quella macchia nera sul mio curriculum scolastico: anch’io, in illo tempore, feci il classico, ma tendo a non dirlo in giro. Poi, però, l’amico l’ha saputo e adesso mi tormenta per sapere che ne sarà del suo picchiatello, come fare per redimerlo, magari ci sono specialisti bravi in giro. Comunque, non è questo il punto. L’altra sera, come dicevo, mi chiamano d’urgenza a casa sua perché il ragazzo è tornato con la traduzione di un brano di Cicerone perfetta, senza un errore, ma con voto quattro. Mi fiondo da loro e l’adolescente, in lacrime, mi dice di controllare e di spiegare agli incolti genitori che la sua traduzione è adamantina. Verifico e appuro che è vero: l’opera del ragazzo è ineccepibile. Non una virgola fuori posto. La versione di Marco Tullio, presa dal magnifico libello De Senectute si conclude così: Cedo, qui vestram rem publicam tantam amisistis tam cito? Sic enim percontantur in Naevi poetae Ludo; respondentur et alla et hoc in primis: proveniebant oratores novi, stulti adulescentuli. Tradotto: Ma come avete potuto mandare in rovina così rapidamente il vostro stato che era tanto grande? Così domandano in quella commedia del poeta Nevio. Vengono date diverse risposte e questa per prima: si sono fatti avanti nuovi oratori, ragazzi senza cervello. Scruto il giovane latinista con ammirazione e gli dico che il suo compito è da dieci. Il padre, a questo punto, si incazza di brutto e mi intima di leggere le ultime parole aggiunte tra parentesi dal pupo in coda al compitino. Ecco il motivo per cui il prof, capo supremo di una cellula del PD locale, lo ha punito senza appello. Giro il foglio e, tra parentesi, sta scritto: la versione prova che Cicerone era un profeta. Che potevo fare? Ho lasciato il quattro al suo posto (mai censurare i nuovi padroni), ma ci ho aggiunto la lode. Dio benedica il piccolo latinista.
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