A Bologna uno squadrone di poliziotti in tenuta antisommossa ha fatto irruzione nella biblioteca di facoltà dove si erano asserragliati dei giovani facinorosi i quali protestavano per l’installazione di tornelli all’ingresso dell’aula. Subito è scattato il riflesso pavloviano delle opposte fazioni. Da un lato, molti politici della cosiddetta destra-quindi-ordine-e-rispetto-per-le-forze-dell’ordine ha applaudito per come e per quanto la celere ci ha dato giù di manganello. Dall’altro, esponenti dei residui di estrema sinistra che ancora respirano hanno solidarizzato con gli studenti maramaldi. Ci siamo chiesti per chi fare il tifo e ci è venuta un’idea maturata da un ricordo. Tanti, tanti anni fa, un intellettuale come non ne nascono più (oggi ci toccano i Ferrara, i Lerner, i Severgnini, ma ogni epoca ha gli intellettuali che si merita) scrisse una poesia a commento degli scontri tra polizia e antagonisti a Valle Giulia, in quel di Roma. Quell’intellettuale era Pasolini, pensatore disorganico e irregolare (diciamo anticonformista rispetto al contesto) e si schierò, contro ogni previsione, con i poliziotti proletari anziché con le matricole sciamannate, borghesi e figlie di papà. Pier Paolo aveva le sue buone ragioni e infatti venne lapidato dalla stampa del tempo. Ora, chiederci cosa avrebbe scritto oggi Pasolini può aiutarci a rispondere al dubbio amletico di cui sopra: per chi parteggiare nella battaglia della biblioteca? Ci sbaglieremo, magari, eppure sospettiamo che Pasolini avrebbe preso le parti di entrambi: dei poliziotti e degli studenti. E lo avrebbe fatto sottolineando l’enorme sproporzione dell’episodio rispetto all’oggetto del contendere. Vedere plotoni armati fino ai denti irrompere in un tempio del sapere per sgombrarlo, a viva forza, da chi ci dovrebbe studiare fa impressione, in effetti. Ma ancora più impressione la suscita il motivo per cui lo Stato ha dato libero sfogo al suo privilegio esclusivo nell’uso monopolistico della forza. Una volta, studenti e polizia si menavano perché in ballo c’erano le istanze rivoluzionarie di una generazione vagheggiante una società più equa. Giusto o sbagliato che fosse, erano botte da orbi date o prese per un obiettivo rivoluzionario, se non epico. Ora gli stessi attori si pigliano a ceffoni per i tornelli della biblioteca. Il che ci offre la dimensione di quanto si siano ridotti gli spazi di protesta e agibilità politica nell’odierna civiltà. Non solo nessuno si sogna più di mettere in discussione i dogmi risibili, le iniquità palesi e le follie manifeste del sistema, ma persino sollevare un dubbio su una scelta idiota come disciplinare l’accesso a una libreria fa rischiare la salute, se non la vita. Un tornello in facoltà è idiota perché la facoltà non è un supermarket. Pure idiota è che i tutori dell’ordine debbano sfogarsi in tal modo anziché rivolgere la loro attenzione ai crimini compiuti impunemente da ben altri delinquenti sotto gli occhi impassibili della nostra appassita società. O, forse, idiota è il fatto tutto intero. Idiota è essere così servi da accettare ormai qualsiasi tipo di kontrollo, in qualunque situazione, come mansueti bovini. Idiota è scalmanarci e dividerci tra guardie e ladri per una questione idiota come la vernice sul lucchetto della nostra gabbia sempre più angusta.
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