Renzi ha detto che si ritirerà dalla vita politica se il referendum sulla riforma costituzionale dovesse andargli male. Ovviamente non è vero, così come non era vero quando lo stesso Pierino giurava: mai al potere tramite inciuci di palazzo e senza passare al vaglio delle urne! La frequentazione assidua della verità procura ripulsa al semplice fatto di mentire. Purtroppo vale anche il contrario e quindi non abbiamo speranze. Però, anche solo immaginare un Italia senza Renzi è suggestivo. Un po’ come la famosa pubblicità di tanti anni fa dove un bambino ammiccante e impiastricciato di cacao ti domandava, dai manifesti pubblicitari: che mondo sarebbe senza Nutella? Un inferno, pensavano i bambini innamorati della più famosa cioccolata spalmabile della storia. Ma immaginarsi un mondo senza Renzi si può? È difficile, molto difficile, perché l’attuale premier rappresenta la quintessenza dei vizi dell’era presente in modo così spudorato, compreso del ruolo, quasi spasmodico, da rendere l’impresa ai limiti dell’impossibile. Eppure, vale la pena cimentarsi, se non altro per capire come siamo arrivato fino a qua, quale malattia degenerativa del nostro tessuto sociale, della nostra coscienza civica, del nostro amor patrio (posto ve ne sia ancora uno) ha potuto produrre una compagine dove le stelle di punta sono Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Cosa abbiamo fatto per meritarcelo? Detto altrimenti, possibile che i nostri peccati nazionali fossero così capitali e imperdonabili da giustificare la pena che stiamo scontando? Ecco, la parte più inquietante della domanda, con Renzi al posto della Nutella, è che la risposta è negativa. Non riusciamo a immaginare un’Italia senza Renzi perché Renzi è l’Italia e l’Italia è Renzi. Nessuno può sintetizzare meglio di lui, in ciò incarnazione di un’Idea platonica, ciò in cui ci siamo trasformati: un popolo in vendita, governato da gabinetti di solidarietà extranazionale siti oltre confine, suddito dei mercati e delle insaziabili voglie della competitività, prono alle volubili fluttuazioni delle borse, eppure ancora immerso in un fastoso e carnevalesco chiacchierume di frizzi e lazzi e spara cazzi. Un popolo messo in ginocchio dalla crisi, che continua a raccontarsela, a credere che il problema non è l’algoritmo cancerogeno su cui si regge tutto l’ambaradan, ma i cittadini poveri di fiducia in se stessi e riottosi a spingere tutti insieme, con la purga dell’ottimismo, per evacuare il nuovo miracolo italiano. Come se a uno stitico cronico dessero un libro motivazionale a mo’ di lassativo. È per questo che, al referendum sull’immonda riforma partorita per deprivare gli italiani delle loro residue facoltà sovrane, vincerà il sì. Perché l’Italia è Renzi e guardandosi allo specchio si rivede nel suo faccione smargiasso e nei modi da bullo di quartiere con cui recita la parte del Fonzie de noantri agganciato agli Happy days di una ripresa sempre di là da venire. Immaginare oggi un’Italia senza Renzi sarebbe come, ai tempi della Buonanima, immaginare un’Italia senza la Buonanima. Speriamo non ci vogliano vent’anni per rendere il sogno plausibile e la sua realizzazione praticabile.
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