Forse per capire meglio il manicomio in cui siamo finiti, dobbiamo smetterla di parlare di economia e dobbiamo anche smetterla di interpellare gli economisti. Forse è giunta l’ora di altre materie, meno tecniche e più umanistiche. Altrimenti non usciamo dal circolo vizioso. Mi sto convincendo di una solare verità: l’economia è importante, ma troppa economia rischia di essere fuorviante. Ci rende tutti mentalmente miopi, se non ciechi. Ci fa ragionare come cavie di laboratorio: siamo preoccupati della mancanza di pappa nelle nicchie porta cibo della gabbia, e non del fatto di essere intrappolati nella gabbia. Forse è arrivato il momento di fregarsene un po’ del differenziale tra titoli poliennali tedeschi e italiani e cominciare a preoccuparci del differenziale di intelligenza e di senso comune e di dignità civica tra la nostra generazione e quelle passate.
Sapete, quelle dei nostri padri e dei nostri nonni, quelle di quelli che uno stato non poteva fallire solo perché i mercati si svegliavano con la luna storta o perché un francese dalla faccia come il culo si preoccupava per il nostro bene o perché un lussemburghese dal bicchiere sempre pieno pretendeva di darcela a bere. Forse dovremmo cominciare a farci delle domande elementari, più che non economiche. E parlo in senso letterale: domande da scuole elementari. Per esempio, smettiamola, per una volta, di chiederci quali siano gli effetti del saliscendi dello spread sull’economia reale. Chiediamoci, piuttosto: è moralmente accettabile un sistema dove un indice di borsa decide la nostra sopravvivenza come collettività statuale? Perché un tempo non era così, sapete. Chiedetelo ai vostri padri e ai vostri nonni. E ancora: fino a quando saremo disposti a farci umiliare, come popolo, da un danese o da un polacco a cui non va a genio la gestione della nostra res publica? Perché in allora non era così, sapete. Chiedetelo ai vostri padri e ai vostri nonni.
E infine: fino a quando saremo costretti a tagliare i servizi e i diritti dei nostri concittadini per compiacere gli investitori internazionali? E chiudo con le parole di un nonno di tutti noi, uno che di rettitudine, orgoglio patrio, spirito critico ne aveva più di tutti i Cottarelli e i Monti messi assieme. Si chiamava Cicerone e un giorno disse a un golpista di nome Catilina: “Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?” (Fino a quando abuserai della nostra pazienza, Catilina?). È giunta l’ora di rispolverare la nostra svenduta dignità. Rispondiamo pure così, alla lettera della Commissione Europea e a colei che dietro di essa si nasconde (Angelina Merkel): Fino a quando abuserete della nostra pazienza? Sono il nostro orgoglio, il nostro coraggio, la nostra sepolta dignità che ci interrogano. E che ci sfidano. Leggiamo quelle parole, amici, leggiamo e meditiamo. Per un giorno, niente economia. Solo latino. E libertà.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
1 Commento
Vito Capurso
24 Ottobre 2018 a 15:50Complimenti Egregio , bellissimo articolo