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PROFETICA MENTE

PARISEQuando vi stupite di fronte agli inspiegabili poteri di un veggente, di un mistico, di un uomo dotato della paranormale attitudine di vedere nel futuro, smettetela di stupirvi. Non serve essere strani, o attinti dalla capricciosa bacchetta magica del talento innato per scrutare negli anni a venire. Basta poco, quasi niente, basta leggere, basta informarsi, basta riflettere e mettere insieme notizie apparentemente lontane e scollegate fra loro, basta spegnere per un po’ il cicaleccio fatuo dei media e mettersi a pensare, a usare la propria testa con l’ambizione di capire. Se farete tutto questo, sarete in grado di predire il futuro o, quantomeno, di tracciarne un identikit, come si fa con l’assassino. Vi accorgerete che, spesso, l’assassino ha l’aspetto del vostro presente e si appresta a uccidere l’avvenire da voi sognato per i vostri figli. Comunque sia, a voler condensare in due parole questo dono: facciamoci intellettuali. Possiamo. È un nostro diritto. Siamo tutti intellettuali. E quanto meno seguiremo l’Onda del Dominio, i cliché del Pensiero Imposto dalle centraline ipnotiche della Matrice, tanto più ci avvicineremo a stilizzare il profilo dell’Evo che verrà. Un esempio? I nostri anni furono preconizzati da un italiano di rango, Goffredo Parise, scrittore veneto, dalle colonne del Corriere della Sera del 30 giugno 1974. Egli elogiò la povertà, intesa non nel senso canonico del termine, ma come rifiuto consapevole e cosciente del consumo compulsivo della Società della Crescita. Come recupero della “educazione elementare delle cose che ci sono utili e anche dilettevoli alla vita”. Così, Parise, sbirciando oltre l’orizzonte della sua biografia personale, ci descriveva: “Il nostro paese è un solo grande mercato di nevrotici tutti uguali, poveri e ricchi, che comprano, comprano, senza conoscere nulla, e poi buttano via e poi ricomprano. Il denaro non è più uno strumento economico, necessario a comprare o a vendere cose utili alla vita, uno strumento da usare con parsimonia e avarizia. No, è qualcosa di astratto e di religioso al tempo stesso, un fine, una investitura, come dire: ho denaro, per comprare roba, come sono bravo, come è riuscita la mia vita, questo denaro deve aumentare, deve cascare dal cielo o dalle banche che fino a ieri lo prestavano in un vortice di mutui (un tempo chiamati debiti) che danno l’illusione della ricchezza e invece sono schiavitù”. Come faceva Parise a sapere? Come faceva a scattare una Polaroid così nitida del nostro tempo? Perché fotografava il suo, direte. No, il suo era infinitamente meno corroso del nostro dall’acido dell’ideologia competitiva. Ma, in quanto intellettuale, egli seppe scorgere i semi che diedero poi i frutti della nostra attualità. Era un profeta, senza avere il dono della profezia. Solo quello, più modesto, dell’anticipo. E, come tutti i veri profeti, è rimasto inascoltato.

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