Per chi pratica il mondo della professioni e dell’impresa, questi sono i giorni furenti del DGPR. Che non significa Deficienza Garantita Protezione Risibile, anche se sarebbe la traduzione più appropriata. Questo arcigno acronimo sta, più o meno, per ‘protezione dei dati personali’. È il nuovo sistema partorito dai deliri dei tecnocrati per custodire la nostra privacy. In altri termini, è un complesso incomprensibile e irrealizzabile di pastoie burocratiche con una funzione dichiaratamente buona e un’intenzione perversamente cattiva. In teoria, dovrebbe servire a difesa della nostra intimità e di quella sfera di prossemica inviolabile che vorremmo tutti gelosamente preservare dallo sguardo indiscreto di terzi. Capite bene che si tratta di una contraddizione in termini. Siamo spiati da mane a sera in ogni minuto secondo delle nostre travagliate esistenze: spiati quando parliamo al telefono, spiati quando chattiamo in rete, spiati quando consultiamo un sito, spiati quando preleviamo denaro, spiati quando facciamo transazioni commerciali, spiati quando camminiamo per strada, spiati comunque e dovunque. In questo preciso istante, a nostra insaputa, miriadi di dati della biografia individuale vengono fagocitati da mostruosi polipi di data base informatici destinati a compilare una scheda della nostra vita – sulla nostra vita – più precisa di quella redigibile da un prete confessore, da un consigliere spirituale, da uno psicanalista freudiano sul loro più affezionato utente o cliente, peccatore o depresso che sia. E allora, ben venga il DGPR, siamo indotti a pensare. Nel senso che esso parrebbe, a uno sguardo superficiale, un rimedio partorito per fare argine all’ondata inarrestabile di intrusioni, lecite o illecite, che quotidianamente affliggono il nostro quotidiano. Invece no. È proprio l’opposto. Il DGPR, e ogni altro strumento consimile, non ha l’obbiettivo di salvaguardarci, ma di governarci; o pascolarci, se preferite. In primo luogo, perché parlare di privacy nella società dell’intercomunicazione di massa è come discorrere di comune senso del pudore in un campo di nudisti. Fa ridere. Il danno che si vorrebbe evitare si è già così perfettamente compiuto che sperare di tamponarne gli effetti a colpi di moduli e carte bollate e come dare l’aspirina a un contagiato dall’Ebola. In secondo luogo, il coacervo di adempimenti imposto dal DGPR – con la protervia dei signorotti feudali e con un fuoco di fila di sanzioni (per chi non si adegua) sommamente punitive – è una pistola carica sul tavolo della Matrice. Il singolo professionista, il piccolo imprenditore, il negoziante al dettaglio (cioè il residuo ancor vivo della moribonda classe media), proprio grazie a queste regole, saranno sempre più tenuti sotto schiaffo. Potranno essere eliminati dal gioco in qualsiasi istante con un pretesto qualunque. Andate a rileggervi le pene previste, per capire; così spropositate da ammazzare le velleità di ogni malcapitato contravventore. Hanno creato un sistema in grado di schiacciarci a piacere, perché sanno che nessuno sarà in grado di rispettarlo. Con la scusa della tutela della privacy, hanno trovato il modo di ricattarci in maniera silente (mafiosa) per tutto il tempo che dovremo passare a sgobbare per vivere.
Nessun Commento