Napolitano ha detto che è orgoglioso dei suoi trascorsi comunisti e molti lo hanno generosamente sfanculato. In effetti, il nostro past president sta agli ideali ‘buoni’ della sinistra come il Conte Dracula all’aglio. Tutta la sua carriera politica, quantomeno dagli anni Novanta in poi, cioè da quando ci ha dato dentro di brutto a portare avanti la sua agenda politica, è costellata di scelte, atti, discorsi inesorabilmente finalizzati all’adesione del nostro paese alla barbarica e incivile deriva che taluni chiamano globalizzazione, talaltri mondo-che-cambia. Però, non è di Re Giorgio che intendiamo parlare, ma di una faccenda tornataci in mente nell’udire quel suo bislacco richiamo all’ideologia che fu. In effetti, Napolitano è finito ad occupare lo scranno più alto della Repubblica italiana, ma non è l’unico comunista ad averne fatta di strada. Pensiamo alla nostra classe intellettuale. Senza fare nomi – che sono troppo grossi e lo spazio non basta – vi sprono a una rapida indagine sui peccati di gioventù dei nostri principali opinionisti. Scoprirete come la stragrande maggioranza di essi sia stata estremista (nella migliore delle ipotesi) o addirittura picchiatrice (metaforica, quando non effettiva) di sinistra. Si tratta di teste sopraffine, intendiamoci, vocate alla rivoluzione in un preciso periodo storico, quello in cui l’intero universo mediatico era (a parole) rivoluzionario. C’era una dittatura del pensiero e questa dittatura era di sinistra e loro erano giovani, spesso di buona famiglia, e incrociavano una penna eccellente a una ‘buona forchetta’ (cioè non disdegnavano godere dei lussi piccolo borghesi). Poi il mondo è cambiato come è cambiato e si è trasformato, guarda un po’, nel Luna Park di iniquità sociale e di incivile sozzura dal quale i nostri eroi ‘dicevano’ di volerci salvare ai tempi del loro liceo. Ma oggi cosa fanno? Le stesse cose di allora, incrociano le loro buone forchette ad eccellenti penne al ragù, nel senso che stanno bene, hanno un sacco di grana, sono stimati, riveriti, coccolati dal Sistema. Diciamolo in una riga: sono l’incarnazione letterale e letteraria di ciò che, in allora, essi avrebbero definito ‘spirito piccolo borghese’. Sono in tutto e per tutto ‘borghesi piccoli piccoli’ nel senso deteriore del termine: adagiati in poltrona, tra uno spritz e un’oliva ascolana, ci insegnano che la Storia sta andando giusto dove deve andare e che dove deve andare è il luogo più giusto per tutti. Da questo punto di vista, applicano quasi le stesse categorie di gioventù: quelle dello storicismo marxista. Solo che un tempo erano convinti di agevolare l’ineluttabile corso degli eventi e ci urlavano, con audace slancio incendiario, che un altro mondo era possibile. Oggi, con la medesima spocchia, ci informano del contrario: questo è l’unico dei mondi possibili e, tutto sommato, ‘loro’ non ci stanno così male. Quanto agli ‘altri’ (giovani in testa) devono imparare a competere, a essere flessibili, a pensare positivo, a cimentarsi con le sfide, con l’Erasmus, le app e le start-up. ‘Loro’ non vedono le storture: hanno grandissimi paraocchi. Eppure si sono adattati al nuovo ecosistema, nella migliore tradizione della loro essenza piccolo borghese: quella di grandissimi paraculi.
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