Notizia fresca. La Commissione europea ha elaborato e dato alle stampe un documento dal titolo inquietante, “Code of conduction”, cioè codice di comportamento, con il quale si propone, d’intesa con i più grandi social network mondiali, Facebook e Twitter in testa, di combattere l’odio. Avete capito bene. Combattere il sentimento dell’odio e la sua diffusione by web. Il codice, udite udite, servirebbe a stabilire i principi ai quali la società civile dovrebbe attenersi per evitare di diffondere, testuale, ‘notizie di odio’. È sufficiente che una news odiosa venga segnalata dagli organi comunitari ai colossi del social networking perché questi ultimi siano tenuti immediatamente, e con bavosa solerzia, va da sé, ad espungerla dalle loro bacheche. Ora, ci dispiace scomodare l’abusatissimo Orwell e il suo profetico 1984, ma è impossibile non farlo. Nel capolavoro dello scrittore inglese, una delle caratteristiche della società totalitaria in cui viveva il protagonista Winston era proprio l’istituzione di una neo lingua sempre più povera di contenuti (e di parole per esprimerli). Nonché sempre più piena di ministeri relativi a sentimenti come l’amore che si occupavano, viceversa, di diffondere l’odio (in perfetta coerenza con la logica biforcuta e luciferina del bi pensiero). Il tutto condito da una occhiuta e pervasiva censura mirante a cancellare, vaporizzandoli, tutti gli schemi di pensiero e di linguaggio disfunzionali rispetto ai diktat della matrice dittatoriale incarnata dal Partito Unico, il Socing. Ebbene, non ci vuole Stephen Hawking per notare la straordinaria affinità tra il code of conduction appena introdotto dalla Commissione (con l’avallo, guarda un po’ te, di due fra le più potenti corporations transnazionali oggi esistenti) e la narrazione fantastica di Orwell. Anche nel nostro caso, come nella trama di George, abbiamo un provvedimento destinato a occuparsi non di combattere le iniquità sociali (roba vetusta, da ventesimo secolo), ma i sentimenti individuali. L’odio come nuovo nemico dell’unica classe sub proletaria di lobotomizzati intercontinentali. Pure nella realtà corrente, come nelle pagine del romanzo, abbiamo un utilizzo fuorviante e doloso di un’espressione (lotta all’odio) destinata con tutta evidenza a tramutarsi nel suo esatto contrario: l’eliminazione di ciò che l’indole intimamente fascista dell’Unione Europea odia di più, vale a dire il pensiero autonomo, indipendente e controcorrente. Una volta sbrigati i casi più eclatanti di istigazione a delinquere, quanto ci vorrà perché la macchina del consenso coatto e della cieca obbedienza si occupi degli scritti trasversali, tangenziali, eccentrici rispetto alle narrazioni di regime? Infine, anche nel mondo vero come in quello immaginario orwelliano, la sedicente lotta all’odio si rivelerà uno straordinario cappio al collo per la spontanea manifestazione delle idee, per la libertà di stampa e di parola. Con un vantaggio stratosferico rispetto a quando Silvio Pellico scriveva Le mie prigioni. Non ci sarà più carcere a vita, ma cancellazione a vita, immediata e senza passare dal via, per chiunque se la senta di dissentire. La matrice è matrigna e odia tre categorie di persone: chi non fa la siesta, chi alza la cresta e chi pensa con la sua testa.
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