Dobbiamo stare molto attenti al meccanismo insidioso dei “peccati collettivi” perché genera un senso di colpa individuale e ci manipola. Il peccato collettivo ci riguarda tutti, benché non sappiamo né come, né dove, né quando lo avremmo commesso. Ma non importa. È un peccato collettivo e, quindi, è un peccato di tutti e di ciascuno nello stesso tempo. Il più straordinario esempio di peccato collettivo è, ovviamente, di matrice religiosa e sta alla base di tutti i nostri patimenti successivi, secondo la dottrina cattolica. Parliamo di Eva e della mela. Lo sbaglio della nostra mitica progenitrice ha condannato, in cooperativa, tutte le progenie a venire. E la fede in questo protostorico evento ha condizionato la vita pubblica e privata di un numero sterminato di generazioni e di singoli individui, fino ad oggi. Nessuno dei quali aveva assaggiato il pomo proibito, ma doveva comunque pagarne il fio.
Altro esempio di peccato collettivo è quello delle tragedie greche. L’uccisione di Agamennone, da parte di Clitemnestra, proietta la sua ombra letale sui figli Oreste ed Elettra, ma è a sua volta connesso al precedente olocusto di Igifenia e al conseguente dolore di Clitemnestra. Anche in questo caso, i singoli sono perseguitati dalla sofferenza e dai lutti in quanto pedine di un gioco più grande cui debbono soccombere. Oggi, la strategia del peccato collettivo funziona comunque alla grande, anche se non ce ne accorgiamo. Si tratta di tutti quei casi in cui ci accusano – e noi stessi ci autoaccusiamo, quasi con livido piacere – per “crimini” mai commessi e ci predisponiamo poi, con docile sottomissione, a scontarne la pena.
Il caso più recente, e più eclatante, è quello legato all’ambiente. Greta e i suoi fan ci accusano di averle rubato il futuro. I giornali di regime rincarano la dose e mettono alla gogna l’uomo per la sua avidità e incoscienza. Ma chi è questo uomo? Tutti: l’umanità in quanto tale. E quindi, per conseguenza ineluttabile, ciascuno di noi. Ed è la ragione per cui le tasse green paiono così sexy: ci colpiscono in quanto colpevoli e costituiscono un singolare esperimento di redenzione per via fiscale. Ma se andiamo a fondo della faccenda, ci rendiamo conto che nessuno di noi, singolarmente preso, c’entra un accidente con il surriscaldamento del pianeta. Esso è provocato, a voler dar credito alle tesi ambientaliste, dal sistema economico produttivo ultracapitalistico in cui noi siamo stati “gettati” alla nascita, per dirla con Heidegger, o ci siamo ritrovati, se preferite, proprio quanto un cristiano si può riconoscere nella marachella di Eva.
Chi lo gestisce, quel sistema, è un manipolo di corporation controllato da un selezionatissimo numero di individui che ne traggono benefici smisurati. Quindi, abbiamo una privatizzazione dei premi e una socializzazione delle colpe. Gli introiti fantamiliardari della “macchina” fluiscono in riservatissime tasche, mentre a ciascuno di noi tocca (oltre a qualche gadget accessorio di consolazione) farsi carico dell’espiazione. “Noi” dobbiamo salvare il pianeta perché “noi” lo stiamo distruggendo. “Loro” si intascando tutti i benefit, perché “loro” sono intoccabili. È la magia del peccato collettivo.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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