Prepariamoci che – mentre i vincitori e i perdenti del 4 marzo si annusano trovandosi reciprocamente incompatibili – ricomincia l’invasione dei migranti. Allora sarà opportuno mettere delle palle a terra prima che l’industria zuccherosa dell’accoglienza a prescindere inizi a raccontarcele (le palle). Insomma, sfatiamo i miti servendoci dei dati Unicef e di una pregevole inchiesta de ‘Il Sole 24 Ore’. Primo mito: donne e uomini in fuga. Ebbene, delle 123.600 richieste d’asilo presentate in Italia nel 2016, 105.006 riguardano uomini (85%) e 18.594 donne (15%); delle 37.915 richieste d’asilo presentate in Italia nei primi tre mesi del 2017, 32.180 (circa l’85%) riguardano uomini, solo 5.735 donne (circa il 15%). Trattasi, quindi, di un esodo maschile. Secondo mito: essi scappano dalla guerra. Ebbene, l’80% suppergiù (come ci ha ricordato Macron) no, più semplicemente emigra per ricercare migliori condizioni di vita. Terzo mito: loro ci pagheranno le pensioni di domani. Ebbene, negli ultimi tre anni l’Impatto sui nostri conti (disastrati, ci dicono) delle risorse pro migranti è stato di 3,1 miliardi di euro l’anno destinati a crescere, approssimativamente, fino a 4,2. Per capirci, la finanziaria 2017 è stata di 27 miliardi e ne abbiamo spesi 4,5 per il piano casa, 1,9 per le pensioni e 1 per il dissesto idrogeologico. Quarto mito: i migranti ci servono perché ci aiutano. Ebbene, secondo il FMI, l’impatto sul nostro PIL delle famose ‘risorse’ è stato (e sarà) negativo: ora dello 0,24 per cento e, nel medio e lungo periodo, dell’0,40 per cento. Riassunto per gli sconnessi dalla realtà: viviamo in un Paese in cui i massimi rappresentanti dei cittadini chiedono ai loro rappresentati sacrifici continui da scaricare sugli anziani, sulle famiglie, persino sui terremotati in nome della lotta al debito pubblico per poi investire senza ritegno nel mantenimento di forestieri per lo più maschi, per lo più adulti, per lo più non perseguitati, in cerca come tutti gli italiani di quella felicità (pane, amore e tempo libero) che qui (a differenza di molti italiani) trovano. Questo tema è così enorme e scandaloso da indurre a domande elementari: com’è possibile che l’Italia non riesca, da anni, a partorire un Governo in grado di approntare poche regole (in un periodo storico in cui il ‘rispetto delle regole’ è il primo comandamento recitato a pappagallo da qualsiasi intellettuale addestrato?). Basterebbe investire un decimo di quanto sperperato oggi in ‘accoglienza’ per approntare un servizio permanente di rimpatrio dei ‘migranti’ verso le zone di provenienza o, meglio ancora, di ‘reindirizzo’ verso i paesi (europei!) dove sono armate le ‘love boat’ delle ONG finanziate dai Soros di turno. La soluzione non si trova perché il novanta per cento dei nostri ‘amministratori’ è vittima della sindrome del coglion samaritano (non sa distinguere tra un’organizzazione non governativa e un governo organizzato e tra la mission privata della prima e i pubblici doveri inderogabili del secondo; tipo quello di rispondere in via prioritaria, se non esclusiva, ai bisogni e agli interessi dei propri cittadini). La minoranza dei nostri vertici, invece, sa benissimo quali sono gli interessi dell’Italia. Ma non importa: è lietamente appagata dal non farli. O è lautamente pagata per dimenticarli?
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