Di questi tempi, il problema non è capire se il Governo è prono (cioè disponibile a piegarsi davanti) ai poteri forti, ma quanto lo è o, meglio, fino a quale punto di prostrazione può arrivare per compiacerli. Non fatevi ingannare dalla bellezza dei componenti dell’esecutivo, dalla grazia muliebre delle sue rappresentanti femminili, dalla gnagnera gagliarda dei maschietti. L’estetica da Gioventù Italiana del Littorio è studiata, non occasionale. Serve a confermare, sotto il profilo del look, ciò che i rottamators si ostinano a ripetere a parole: di essere, per l’appunto, degli sfasciacarrozze del vecchiume. Il che è anche vero, probabilmente, non fosse per un dettaglio. Oggi, la partita epocale non si gioca tra generazioni nuove e antiche, ma tra poteri forti e deboli. Il governo di un paese deve essere bello e debole per nascondere il brutto e il forte di cui fa gli interessi. In questo senso, il Partito Democratico attuale sta ultimando la missione storica beffardamente affidatagli dal destino: fare da cinghia di trasmissione delle voglie insaziabili della grande finanza e dei conglomerati del capitale privato che si stanno mangiando, un boccone alla volta, il paese. Torniamo al punto. Quanto è prono il Governo? Parlino i fatti: l’anno scorso è stato abolito lo scudo rappresentato dal cosiddetto fondo patrimoniale che consentiva alle famiglie un riparo contro il prepotere dei creditori. Oggi, le banche desiderose di mettere all’asta i beni di un nucleo familiare dotatosi di questa risorsa potranno procedere senza prima ricorrere al giudice per ottenere una sentenza in contraddittorio col debitore. Possono andare per le spicce e pignorargli direttamente la casina. Il PD sorride a trentadue denti e si abbassa di altri trentadue gradi. Rottamare i poveri cristi non è più neanche un dovere. È un piacere. Tuttavia, non ci sono solo le banche. Un vero partito di classe, rappresentante delle esigenze e dei bisogni dei più abbienti, come può trascurare le assicurazioni e i petrolieri? Dei secondi parliamo poi. Quanto alle prime, è in dirittura d’arrivo il disegno di legge concorrenza che, ove non modificato, sarebbe l’ennesimo vergognoso regalo alla lobby dei giganti dell’RCAuto e l’ennesimo schiaffo ai danneggiati, cioè, more solito, ai cittadini paperini ai quali verranno liquidati risarcimenti ancora più miserabili rispetto a quelli da banco del mutuo soccorso attuali. Anche qui, sul piatto c’erano due esigenze: i portafogli delle potenze assicurative e i diritti di chi ha subito una lesione, magari grave. Il futuro partito della nazione, ovviamente, non si pone il problema. La sua mission non è il cittadino, ma il portafoglio purché quest’ultimo non appartenga al cittadino ma a qualcuno che lo rottami. A dirlo pare uno scioglilingua, ma a farlo ci vuole un attimo. I politici di oggi e di domani sono e saranno sempre, a tutti gli effetti, dei celebranti. Dicono la messa perché il popolo conservi la fede nei detentori della forza, in coloro che maneggiano l’energia monetaria e negli accoliti che la assorbono e la dispensano a capriccio. In definitiva, siamo tornati, dopo un lungo peregrinare, alle origini della civiltà, ai tempi del leader sacerdotale, incaricato di piegarsi innanzi al dio malmostoso e di spiegare al popolo perché la piega degli eventi è utile, necessaria e, soprattutto, inevitabile.
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