Tutti a dare addosso alla povera Lorenzin per un manifesto ridicolo sul fertility day, ma quelli che protestano hanno visto gli altri poster della rassegna? Da sbellicarsi dalle risate. Però, colpisce il fatto che la grande stampa abbia dato risalto assoluto alla foto cosiddetta razzista e ignorato le altre. Oggi, l’indignazione è uno sport praticabile solo nei palazzetti giusti, quelli costruiti dalla società del consenso corretto e del controllo coatto. Per dire, se uno scivola su questioni come il colore della pelle o le differenze di genere viene crocifisso. Se, invece, fa la figura da pirla sdraiato sui materassi comuni dell’idiozia collettiva nessuno se ne accorge. Passiamoli in rassegna, allora, i manifesti. Partiamo, però, dal presupposto implicito e spassosissimo degli ideatori: bisogna fare una campagna sulla fertilità, ma guai ad accostare il tema al rapporto di coppia eterosessuale o alle differenze tra i sessi. ‘Come minchia si fa?’ avrà detto giustamente il designer più sveglio della compagnia. ‘Si fa, si fa,’ gli avrà risposto il leader ‘ci pagano apposta’. Ci sono riusciti. La prima locandina inquadra i quattro piedi di due sdraiati a letto a trombare, con uno smile in mezzo, e la scritta ‘il modo migliore per essere creativi’. Sopra i due corpi ignudi un plaid pudico, a mo’ di burqa: non sia mai che il cittadino associ l’immagine alla copula di un uomo e una donna. Nella seconda cartolina, condivisibile via social, c’è un paio di scarpine da neonato infiocchettate da un nastrino tricolore, ma la tinta delle babbucce qual è? Azzurra? Giammai, saprebbe troppo da maschietto; rosa? Giammai, saprebbe troppo da femminuccia; e allora? Allora le hanno pitturate di verde pisello per non urtare il comune senso del pudore: della serie, crescete e moltiplicatevi come vegetali. Terza slide: una donna incinta, la mano sul pancino, con una clessidra e lo slogan ‘la bellezza non ha età, la fertilità sì’; del compagno manco l’ombra, onde evitare perversi link tra la fertilità e la congiunzione contro natura tra un pisello e una fava. Insomma, un tripudio di idee politicamente corrotte. E noi stiamo qua a coglionare la povera Lorenzin per la sua fertile attitudine alla gaffe, anziché incensare la fertile creatività dei suoi creativi. Provate voi a impostare un’intera campagna sulla riproduzione umana senza manco sfiorare i meccanismi riproduttivi. Un solo dubbio ci inquieta: cosa gli diranno – i ghost writer della Lorenzin – al primo bambino che gli chiede come cavolo si fa un bambino?
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