Il Koan è una forma meditativa del Buddhismo Zen che consiste nel proporre una affermazione, spesso in stile poetico, irriducibilmente paradossale che serve a risvegliare la consapevolezza. Tipo: “Ascolta il suono dell’applauso di una mano sola”. Bene. Se usciamo per qualche minuto dalla condizione di incantamento in cui siamo immersi c’è uno strepitoso Koan su cui meditare circa il futuro delle nostre sorti individuali e di civiltà. Abbiamo questi due concetti chiave: crescita e spreco. La crescita consiste nel fatto che la gente inizia a spendere denaro, non importa dove e come, l’importante è quando, cioè sempre, in qualsiasi modo possibile, lecito o anche illecito. Alle vestali della crescita non frega più di tanto in cosa consista la lievitazione dei consumi, basta che sia ritmitca, veloce, magari anche vertiginosa. Tant’è vero che Bruxelles ha inserito nei fattori che possono implementare il PIl di un paese anche le imprese criminali e l’indotto sommerso dei reati. Veniamo adesso allo spreco, cioè la cosiddetta spesa pubblica improduttiva. In cosa si traduce? Ad esempio nell’acquisto di macchine inutili, nell’edificazione di cattedrali nel deserto, nel pagamento di enti fantasma, nella retribuzione faraonica di funzionari fannulloni. E allora? Dov’è il problema? Non si tratta forse di soldi che entrano in circolo e aumentano la crescita? Forse che il dipendente pubblico eccessivamente retribuito poi getta lo stipendio nel water? Forse che i soldi usati per comprare materiali, vengono poi sepolti nella tundra? No di certo. Vengono utilizzati per comprare altri beni, cioè per rilanciare la crescita. Ecco a voi un bel Koan: gli sprechi favoriscono la crescita.
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