La guerra in Ucraina ha riproposto uno dei più classici miti del nostro tempo: quello della natura intrinsecamente più “buona”, più “giusta”, più “libera”, più “democratica” del nostro “sistema”. È un pregiudizio potente, quasi irresistibile, incistato nelle nostre menti da decenni di brainwashing. Noi europei, noi americani, noi atlantisti, noi “occidentali” – con tutti i nostri limiti – siamo dalla parte “dritta” della storia. E la motivazione ultima, a giustificare tale esibita superiorità morale, sta in due-parole-due: “democrazia” e “libertà”.
Noi siamo la patria, anzi la culla stessa della democrazia; noi siamo, per definizione, dei regimi democratici. E da tale “privilegio” originale, discendono, a cascata tutta una serie di postulati: noi siamo pacifici, noi siamo dialoganti, noi siamo tolleranti. Per estensione, il mondo cosiddetto liberale, o liberaldemocratico, o se preferite il “mondo delle democrazie” – come amano dire i fini dicitori nostrani, con la bocca a culo di gallina – esige un atto di fede: tu devi stare dalla sua parte, se non vuoi precipitare nelle spire del male. Allo stesso modo in cui devi stare dalla parte della “scienza” se non vuoi collassare fra i tentacoli della malattia. Ovvero, dalla parte della “Europa” se non vuoi perderti nei gorghi del populismo aggressivo e nazionalista.
Ebbene, questa “storia” è probabilmente la madre di tutte le cosiddette fake news. È, letteralmente, la leggenda fondativa di tutto un mood emotivo, di tutto un modo di pensare. Ma il fatto che sia ripetuta da mattina a sera nei talk campioni di ascolti o negli editoriali di grido non vale a trasformarla in verità. Perché la verità, evidente per chi vuole vederla e non è ancora pagato abbastanza per nasconderla, è un’altra: il nostro “mondo” è profondamente falso, bellicoso, divisivo, intollerante. Molto più falso, bellicoso, divisivo e intollerante di quanto non lo siano i vari nemici trovati, o inventati, lungo la sua strada.
È un mondo apparentemente innamorato della pace, della libertà di espressione, della uguaglianza nei diritti, della parità di genere o di specie, della sedicente verità. Ma provate a metterne in discussione gli obbiettivi e gli interessi di fondo, nonché le regole e i valori di riferimento e vi si rivelerà in tutta la sua ferocia. La pace si trasformerà, immediatamente e senza mediazioni, in uno spietato conflitto, come accaduto in Bosnia, in Iraq, in Afghanistan, in Libia, in Siria. La libertà di espressione sarà semplicemente stritolata, magari non direttamente dallo stato (come nei regimi d’antan), bensì da colossi privati molti più potenti di uno Stato. E con la connivenza di quest’ultimo. La diversità sarà calpestata, vilipesa, ghettizzata, con una perfidia soave e meticolosa come accaduto ai renitenti alla leva dell’obbligo vaccinale. La verità sarà nascosta o addirittura deliberatamente contraffatta, come dimostrano gli innumerevoli esempi degli ultimi giorni.
Resterebbe, quale simulacro residuo del “mito”, la democrazia. Siamo pur sempre delle democrazie dove ogni qualche anno il popolo sovrano vota. Ma dove, poi, immancabilmente a governare sono sempre gli stessi potentati, le stesse logge, le stesse cricche, in prima o per interposta persona. Quando qualche movimento realmente popolare si avvicina troppo ai fili dell’alta tensione scattano le contraeree della “Commissione”, dei “Mercati”, della “Unione”, dello “Spread”. E la ricreazione finisce. Se ci riflettete abbastanza a lungo, vi accorgerete che non solo il nostro sistema non è il “bene” di cui i suoi cantori menano vanto, ma è qualcosa di assai vicino al “male” che essi asseriscono di voler combattere.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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