Forse le sardine sono il vero “populismo” e non se ne sono accorte. Non ce ne stiamo accorgendo manco noi. A tal proposito, ci sono due scritti che dovrebbero inquietare assai il “nuovo” pescato da paranza e fargli capire il “senso” di un movimento senza senso. Il primo è un articolo di Giuliano Ferrara su “Il Foglio” che magnifica il movimento delle sardine e si toglie il cappello, stupefatto, davanti ai contenuti del loro manifesto. Il secondo è proprio il manifesto in questione. Quanto al pezzo di Ferrara, c’è poco da dire. Parliamo di un opinionista campione dell’establishment il cui giornale gronda, letteralmente, di spasmodica adesione allo status quo. La mission del Foglio e del suo fondatore è fare da cane da guardia alla sedicente democrazia. E qualsiasi governo si allinei ai diktat delle cancellerie, dei mercati, della finanza, delle borse, del bon ton istituzionale che tutto (dal basso) digerisce, in ossequio a chi tutto (dall’alto) dirige, va bene. Non c’è nulla da cambiare, forse neanche nulla da capire, dal momento che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Ma fosse anche il meno peggio, va bene lo stesso. È sufficiente che esso sia “liberale”, “liberista”, “moderato”, “occidentale”.
Insomma, care sardine, se c’era un sostenitore da cui tenersi alla larga – per un movimento “di piazza”, “giovane” e “spontaneo” – era proprio il Foglio di Ferrara. Verrebbe da aggiungere: meditate, sarde, meditate. Ma non lo diciamo perché ci sembra di chiedere troppo: la meditazione esige un minimum di intelligenza non eterodiretta. E poi, meditare su cosa? Sul fatto di aver dato vita, con la compiaciuta e untuosa adesione di tutta la stampa italiana, a una sollevazione “popolare” contro l’opposizione? In questo senso, le sardine hanno tutte le caratteristiche di altri fenomeni sintetizzati in provetta e spacciati per genuino ribellismo prepuberale o tardoadolescenziale come quello di Greta Thumberg: sono allineate (proprio come le sardine), fedeli a una logica di branco (proprio come le sardine), mute (proprio come le sardine). In tre parole: prone al Sistema. Questo certifica la loro assoluta inutilità. A che serve una “sollevazione” di massa a sostegno del re? Nel 1789 una roba del genere avrebbe evitato la rivoluzione francese. Oggi, evita la rivoluzione contro il Regime.
Ma veniamo al secondo scritto, il loro Manifesto (senza offesa per quello del 1848): da morir dal ridere. Inizia così: “Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita”. Come se i Gracchi e Marx avessero detto: “Cari plebei, cari proletari, lo avete capito. La festa è finita.” Il servo che fa la voce del padrone. Poi, questa sorta di tazebao digitale prosegue sempre sulla stessa falsariga, senza manco il barlume di un progetto politico antitetico a quello miserabile in cui siamo costretti (proprio come sardine) e si conclude così: “Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto”.
Ci stanno dicendo questo: vogliamo continuare a occuparci del nostro tranquillo tran tran quotidiano di gente perbene, tartufa, codarda e piccolo borghese, e senza essere costretti a pensare, ad analizzare, a “vedere”. E, quindi – non sia mai! – a capire in che mondo siamo finiti. È un urlo autenticamente “populista” nel senso etimologico di qualunquista, banalotto e sonnacchioso. Vogliono continuare a dormire. E non sopportano chi gli rompe il cazzo mettendo in discussione la “Matrice” all’interno della quale essi vorrebbero continuare a dedicarsi, in santa pace, a “sport, volontariato, lavoro e tempo libero”. Forse, le sardine rappresentano davvero – a loro insaputa e loro malgrado – la più atroce messa in scena degli ultimi anni. I registi, dietro le quinte, si fregano le mani, soddisfatti. Loro lo sanno benissimo che il popolo vuole una cosa sola, come insegnava il Cardinal Carafa: vulgus vult decipi; ergo decipiatur. Il popolo vuole essere ingannato; e dunque lo sia.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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