Sono quattro le chiavi d’accesso per decifrare il senso di un’epoca contrassegnata dallo sfacelo economico-finanziario e da un diffuso sentimento di sbigottita rassegnazione. Impadronirsi di queste chiavi permette di capire dove stiamo andando, anzi dove ci vogliono portare. Non è poco. Dalla consapevolezza scaturisce l’azione orientata e un numero sufficiente di persone consapevoli di ciò che sta accadendo può davvero cambiare il mondo. Le quattro chiavi coincidono con altrettante ‘spinte’ poderose che, se non adeguatamente contrastate, ci consegneranno a un futuro di totale asservimento.
Eccole: accentramento verso l’alto dei poteri decisionali, progressiva eliminazione delle istituzioni democratiche di base (a partire dalle comunità locali), lotta senza quartiere ai ceti medi, intensificazione del controllo su ogni aspetto, pur marginale, della vita individuale. Tutto ciò che accade, dal livello politico sovranazionale delle istituzioni internazionali a quello macroeconomico dei mercati finanziari globali, tende ad esprimere una di queste tendenze o a farsene interprete. E lo fa con una intensità sempre maggiore restituendoci l’impressione dell’ avvitamento vertiginoso verso un approdo non evitabile. L’avocazione delle decisioni a beneficio di ‘cupole’ abissalmente lontane dal territorio che ospita chi le subirà è sotto gli occhi di tutti. Paradigmatica, in questo senso, la celebre lettera con cui la BCE, nell’agosto del 2011, dettò i compiti per casa al governo italiano. E’ la perfetta antitesi di concetti come federalismo, devoluzione, decentramento, sussidiarietà. Un precedente ben più grave e mai deprecato a sufficienza è la rinuncia alla sovranità monetaria con la sottoscrizione di un trattato, quello di Maastricht, perversamente concepito per non essere infranto (nessuno lo dice, ma è un documento che non prevede, quindi nega, la facoltà di rompere il patto, cioè il diritto all’autodeterminazione dei popoli). Se prestate attenzione al modo e alla tempistica con cui vengono fornite le notizie nel circo dei media vi accorgerete di una regola non scritta rispettata dalla stragrande maggioranza di opinionisti e commentatori. Tutto ciò che muove verso la ulteriore rinuncia a prerogative esclusive dei singoli stati è celebrato e ‘raccontato’ come un’apprezzabile manifestazione di maturità e buon senso dei popoli europei. Per contro, i protagonisti, gli avvenimenti, gli esiti elettorali, che mettono in discussione questo processo di depotenziamento progressivo delle istituzioni locali viene censurato alla stregua di un insidioso rigurgito di velleitari egoismi nazionali. Veniamo alla seconda chiave che è poi al servizio della prima. Si tratta dell’eliminazione degli enti rappresentativi territoriali e della riduzione del numero degli eletti. Il che rende più facilmente conseguibile l’obiettivo di cui sopra abbiamo parlato, oltre a rivelarsi ad esso complementare: se chi decide tutto è in alto a cosa serve qualcuno privo di poteri in basso? Che poi costituisca un evidente e clamoroso attentato alla democrazia rappresentativa è, a quanto pare, un trascurabile effetto collaterale. Di fatto, sta passando, a furor di popolo. Hanno convinto la gente che è bello e giusto contare di meno. Così, si riducono al lumicino gli spazi di agibilità democratica e si chiede (anzi, si ottiene) che siano sradicati dal territorio gli enti (oggi le provincie, domani i comuni o le regioni) attraverso i quali era consentito al quisve de populo (il cittadino qualunque, senza padri nobili o padrini occulti) di far sentire il suo peso. Come è stato possibile? Grazie al tema della lotta alla casta. Una ben veicolata, o strumentalizzata, campagna di odio contro la classe politica e contro gli sprechi (vergognosi) o addirittura i latrocini dei suoi esponenti di punta ha finito per partorire una crociata dall’obiettivo tafazziano: non già sforbiciare i privilegi dei politici, ma diminuire (o eliminare, addirittura) tout court, i politici stessi; lasciando così mano libera ai cosiddetti ‘tecnici’ espressione dell’aristocrazia bancaria e degli interessi delle lobbies finanziarie transnazionali. La chiave numero tre è la polverizzazione del ceto medio. Sotto il vessillo delle cosiddette liberalizzazioni e del pensiero unico neoliberista si è condotta e si sta conducendo una spietata operazione di ‘pulizia etnica’ contro le categorie ‘autonome’ disfunzionali alle mire egemoniche delle grandi corporations. Piccoli imprenditori, commercianti, liberi professionisti, artigiani, tassisti. Il plafond della media borghesia deve sparire e i suoi esponenti devono riconventirsi a microingranaggi sottopagati delle grandi multinazionali. Vanno in questa direzione tutte le ‘innovative’ lenzuolate degli ultimi anni di cui, paradossalmente, la sinistra è la più zelante esecutrice: dall’eliminazione delle licenze ai tassisti all’abrogazione dei tariffari degli ordini professionali, dall’apertura indiscriminata dei negozi a qualsiasi ora (festivi compresi) agli aiuti alla grande distribuzione a discapito di ‘bottegai’ e consimili. Infine, il controllo, l’ultima chiave, quella che ci chiuderà a doppia mandata dentro una prigione di nulla osta e autorizzazioni. La nostra vita, già ora, è sottoposta a una pervasiva e occhiuta sorveglianza. Le intercettazioni telefoniche, gli occhi elettronici (provate a camminare in un centro storico senza essere inquadrati da qualche telecamera, se ci riuscite), il massivo sistema di schedatura che sono i social network e la brutale violazione del sistema bancario da parte del fisco. La prossima tappa (già se ne parla) sarà l’eliminazione del denaro contante. Con il che saremo definitivamente alla mercè del Grande Fratello. Potremo effettuare transazioni solo se e fino a quando la nostra credit card sarà riconosciuta dal sistema. Soprattutto, non potremo più comprare né vendere nulla senza che, da qualche parte, qualcuno prenda nota di ogni nostro gusto o tendenza. Queste sono le quattro chiavi. Serve a qualcosa conoscerle? Sì. Quantomeno a capire che cosa sta succedendo e cosa ne sarà di noi; soprattutto a chiederci se davvero vogliamo regalare ai nostri figli un avvenire come quello che si profila all’orizzonte; infine, a orientarci nelle scelte, per privilegiare solo movimenti e leaders che quelle chiavi le vogliono spezzare.
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