All’indomani della caduta di Draghi, sul Paese è calata una cappa di umidità più untuosa del caldo africano in Padania. Un’umidità indotta dai fiumi di lacrime, dalle precipitazioni di sudore e dai torrenti di saliva dell’intellighentia e del mainstream nazionali: lacrime di cordoglio per il congedo del fenomenale timoniere, sudori freddi per la prospettiva – così antidemocratica e incostituzionale – di elezioni alle porte, secrezioni salivari per omaggiare nei dovuti modi il premier supercalifragilistichespiralidoso.
I tweet di cordoglio, i post di commiato, i messaggi di encomio si sono moltiplicati accavallandosi, e scavalcandosi, l’uno sull’altro nell’inane tentativo di rendere la seppur vaga idea di quanto i nostri intellettuali, opinionisti, direttori siano affranti per la prematura dipartita di Colui. Il che ci conduce, dritti dritti, alla necessità di comprendere, e al bisogno di spiegare, il fenomeno. Insomma, a fare della “fenomenologia” pop, un po’ come quella dedicata da Umberto Eco, negli anni Sessanta, a Mike Bongiorno. “Decifrare” il fenomeno Mike significava decodificare la “massa” dell’italiano medio. Allo stesso modo, “decifrare” il fenomeno del leccapiedi organico significa decodificare la figura dei media italiani di massa.
La domanda cruciale diventa: perché essi sono, per la gran parte, così disciplinatamente schierati a favore dell’establishment e contro gli interessi nazionali? Perché adorano, ben oltre i limiti del feticismo psicopatologico, le cupole “europee”, i mercati, la Nato, i banchieri, la finanza, i padroni? E perché detestano, ben oltre i limiti del masochismo sociopatologico, concetti un po’ vintage, ma tutto sommato positivi e democratici come “popolo”, “nazione”, “elezioni”? Perché far cadere un Governo regolarmente “eletto” va benissimo, anzi è urgente, se c’è da sostituirlo con un top player di certi poteri (vedi Monti nel 2011), mentre far cadere un Governo “mostruoso” oltre che non eletto (come Draghi nel 2022) va malissimo, anzi è un atto di lesa maestà? Perché nel primo caso IlSole24Ore titola “Fate presto”, cioè accelera la crisi, mentre nel secondo caso La Stampa titola “Vergogna”, cioè stigmatizza la crisi? Donde viene una simile schizoide “postura” mentale in grado di giustificare tutto e il contrario di tutto pur di compiacere le elite dominanti? La risposta è nella domanda.
La classe intellettuale italiana, e gran parte della stampa nazionale, sono ontologicamente vocate alla subalternità verso il potere. Non importa quale. Esse lo “annusano” nell’aria con l’olfatto preternaturale di taluni segugi da tartufo. E poi seguono la pista. Che può condurre al fascismo, come negli anni venti del secolo scorso; oppure all’estremismo rosso dell’eskimo in redazione come negli anni Settanta del novecento (in quel caso si trattava di egemonia culturale, ma la sostanza del discorso non cambia); o, ancora, al fanatismo europeista, liberista e atlantista odierno.
Insomma, per cogliere (pur attraverso le cangianti epoche storiche) la immarcescibile cifra del sistema di informazione sedicente “affidabile” non dobbiamo scomodare né l’ideologia né gli interessi. Molto semplicemente, esso è rotto a qualsiasi compromesso con il padrone di turno. Non si spezza mai, ma si piega sempre (possibilmente a novanta gradi) non solo di fronte a un super banchiere, ultra-titolato, come Draghi, ma persino davanti a qualsiasi fantozziana declinazione di “natural prestanom om di pagl gran test di cazz” (cit.) che la storia gli pari davanti.
Ergo, è financo inutile chiedersi come facciano a non “vedere” le enormi responsabilità e le autolesionistiche decisioni del Governo Draghi nella gestione della pandemia, della campagna vaccinale e della crisi russo-ucraina. A dispetto della qualifica di “intellettuali” di cui molti di loro si fregiano, costoro non hanno la statura intellettuale per “capire” e neppure la dirittura morale per “voler” capire. Però sono insuperabili nel capire, e nel voler capire, dove tira il vento del potere. E siccome gli piace un sacco vincere facile e godere delle prebende di un ruolo allineato e “risonante” con lo zeitgeist (lo “spirito del tempo”), adorano coccolare chi comanda. Non sono, quindi, “fascisti” o “comunisti” o “liberisti”.
Sono ciascuna di queste cose insieme e, all’occorrenza, l’una o l’altra soltanto. Per tale ragione – tra centinaia di tweet dolenti di cui i relativi estensori dovrebbero provare vergogna – troviamo impareggiabile quello di Lapo Elkann: «Complimenti ai Fantozzi di provincia che hanno cacciato Draghi». Forse inconsciamente, Lapo ha individuato con chirurgica precisione (pur sbagliando destinatario) il problema di cui stiamo proponendo la soluzione. “Fantozzi di provincia” non è chi ha cacciato Draghi (costui merita ben altri epiteti per ben altri motivi), ma chi gli sta tuttora lustrando le suole.
Francesco Carraro
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