All’indomani della vittoria di Trump, potevamo farci mancare l’editoriale di Alesina e Giavazzi? Perdindirindina, no. I due economisti sostenitori della via ultraliberista alla Terra Promessa hanno avuto il giusto spazio sul Corriere e hanno decifrato, da par loro, la vicenda elettorale a stelle e strisce. Ora, è vero che da come guardi il mondo tutto dipende, è vero che il fior fiore della filosofia novecentesca ha provato a spiegarci che la realtà non esiste davvero (essendo, al più, una polluzione notturna dello Spirito del Mondo), è vero che la psicologia comportamentale va spiegandoci che la mappa non è il territorio. Tutto vero, e tutto giusto, e saggiamente compendiato dalla fatidica frase gandhiana: siate il cambiamento che volete vedere nel mondo. Però, a volte ci vien da pensare che – per quanto ci si affanni a imbellettare la realtà e a ordinarle di seguire i nostri desideri ed eseguire i nostri ordini – a un certo punto anche la realtà, nel suo piccolo, si incazza, proprio come le formiche. E state pur certi che la realtà, il mondo vero in cui ciascuno di noi sacramenta e paga le bollette, si è incazzata parecchio nel leggere il forbito e altisonante pensiero di Alesina e Giavazzi che si applicavano – come quasi tutta l’intellighenzia planetaria – nello spiegarci i tempi cupi, tempi da lupi, in arrivo per via che ha vinto Trump. Li abbiamo letti attentamente e abbiamo enucleato due severi ammonimenti dal loro articolo; primo: attenti che Trump potrebbe mettere dei dazi doganali; secondo: attenti che Trump potrebbe attentare alla indipendenza della FED. Insomma, Alesina e Giavazzi e, quindi, supponiamo anche il Corriere sono in ambasce per le uniche (forse) due cose positive e allettanti dell’agenda governativa del tycoon newyorkese. Infatti, una delle ragioni che ha mandato a carte quarantotto le economie di molti paesi del mondo (tra cui la nostra) è stata proprio la scellerata abrogazione dei dazi alle frontiere e l’invasione di prodotti sottocosto realizzati in violazione delle più elementari regole di tutela della dignità e dei diritti dei lavoratori. È il liberalismo, bellezza, ti risponderebbe uno della Bocconi. E allora un politico che si rispetti farebbe bene a mettere i dazi, ti risponderebbe uno sfigato messo a bocconi dalla crisi. Quanto alla FED, financo ai sassi è noto che l’indipendenza delle banche centrali è una sovrana pirlata, che la sovranità monetaria dovrebbe essere pubblica e appartenere ai popoli e invece è detenuta da autorità terze e partecipate dal grande capitale privato. Che, insomma, la mitizzata indipendenza dei banchieri centrali è il problema centrale di tutta la faccenda. Ci vorrebbe meno competitività e meno mercato per tutti visti i disastri combinati dalla competitività e dai Mercati nell’ultimo ventennio. In questo senso, Trump rappresenta – per quanto solo in apparenza, per quanto a meri fini elettorali – un granello nell’ingranaggio della macchina mortifera messa in moto da qualcuno. Eppure, c’è chi dice no. Il mondo va troppo bene così com’è, anzi ci vuole ancora più libertà in economia, protestano Alesina e Giavazzi. Forse, nel loro Paese delle Meraviglie, è davvero così. Dopotutto, la realtà mica esiste. E neppure resiste a coloro che la negano.
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