Il filosofo Fusaro ci mette giustamente in guardia dal pericolo dell’antifascismo in assenza di fascismo, dell’antirazzismo in assenza di razzismo. Estendendo la formula, dovremmo mettere in guardia molti politici nostrani dal fenomeno dell’emergenza epidemiologica in assenza di epidemie. Ci riferiamo, ovviamente, a quella sorta di turba ossessivo-compulsiva da cui sembrano colti i nostri rappresentanti eletti non appena accedono a ruoli di responsabilità nel campo sella sanità pubblica. In assenza di epidemie conclamate tipo, che ne so – l’influenza aviaria, o quella suina, o quella della mucca pazza o del vitello psicotico (esaurite insomma tutte le leggende metropolitane necessarie a dissanguare le casse dello Stato con l’acquisto di stock di vaccini totalmente inutili) – essi hanno deciso, evidentemente, di creare allarmi sociali fittizi in modo da approntare reazioni isteriche reali. Non si spiega altrimenti l’adozione di misure come la proibizione dell’asilo ai bambini non vaccinati o, addirittura, la puntura coattiva per gli aspiranti alle forze armate, ai vigili del fuoco o per gli studenti in partenza per l’Erasmus o desiderosi di fare sport. Come dire che al cospetto di morbillo, rosolia, parotite, persino l’Aids è un malanno di stagione.
State certi che se, domattina, qualche buontempone suggerisse di imporre il coprifuoco giornaliero, o di proibire l’accesso ai seggi elettorali, ai non vaccinati si leverebbe, con prepotenza, la voce dello scientista minorato di turno ad applaudire e a trovare valide giustificazioni alla riforma. Insomma, lo avrete capito, il problema non è scientifico; è politico. E nasce proprio dall’avere, la politica, abdicato al ruolo che le è proprio a favore della scienza e della tecnica, dello specialismo e del presunto sapere settoriale. Sennonché, scienza e tecnica possono aiutare i cittadini, eletti ed elettori, possono orientarli nelle decisioni, ma non potranno mai sostituirsi ad essi nel topico momento della scelta discrezionale: posto che i vaccini hanno una funzione salvifica nei confronti di determinate malattie, posto che i vaccini sono medicinali con controindicazioni, quanti vaccini vanno bene? Quanti vaccini fanno male? Quanti debbono essere obbligatori? Dieci, venti, cinquanta? Quanti in un colpo solo e quanti a che età? Queste sono scelte implicanti la sintesi di una pluralità multiforme di fattori che vanno dal buon senso pratico all’intelligenza critica, dalle esigenze di interesse pubblico a quelle di tutela del privato, rispetto ai quali il mero dato scientifico costituisce solo una piccola componente della questione da dirimere. Sono, in altri termini, faccende irriducibilmente politiche.
Ebbene, la democrazia continua a restare il metodo di governo meno rischioso in assoluto, proprio perché è l’ultimo baluardo contro l’eutanasia definitiva della politica. E anche contro le degenerazioni maniacali di chi vorrebbe condurci a marce forzate verso la Monarchia degli Scienziati o verso l’Impero dei Medici o verso la Dittatura dei Tecnici. Anche perché, quand’anche sventuratamente dovessimo approdare all’era del dominio di elite di scienziati, medici, tecnici sapientissimi, all’atto pratico delle scelte definitive, essi faranno politica. Più precisamente, si chiamerà politica in assenza di democrazia.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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