Sulla tormentata vicenda della nomina del Governatore della Banca d’Italia dovrebbero farci un servizio quelli della trasmissione ‘Mistero’. Allora, abbiamo Renzi, boss del partito più votato e quindi – fino alle prossime elezioni – espressione della maggioranza relativa dell’elettorato, il quale fa mettere a verbale che il PD non vuole più Visco come Governatore; poi, abbiamo il Presidente della Repubblica che pare se ne impipi del punto di vista, su Bankitalia, di una buona fetta del Parlamento Italiano; infine, abbiamo Gentiloni, leader di un governo teleguidato da Renzi, che vorrebbe compiacere in tutti i modi non già colui da cui dipende in toto la fiducia di cui l’esecutivo gode, ma il Capo dello Stato. Alla fine un dubbio sorge legittimo: ma chi diavolo lo deve nominare questo Governatore? Nessuno; anzi tutti; anzi tutti e nessuno nello stesso tempo. Non stiamo scherzando, lo dice la legge: esso è designato “con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Vi pare una procedura sensata oppure un’emerita supercazzola incomprensibile studiata apposta per rendere irrintracciabile la scaturigine del potere del Governatore? La risposta esatta – ci arriva un bambino – è la seconda, quindi la accendiamo e ci chiediamo: perché? Perché il metodo di ‘elezione’ del Banchiere per eccellenza è così bizantino? Per lo stesso motivo per cui nessuno sa dire (né osa chiedere) se questa Banca suprema è davvero ‘d’Italia’ cioè è un soggetto pubblico oppure privato visto che è definito dalla legge come istituto di diritto ‘pubblico’, ma appartiene a banche private. In realtà sono giuste entrambe le risposte come nei misteri uni e trini della fede. E ciò con buona pace del principio aristotelico di non contraddizione. Parliamo di un ente ermafrodita, dal punto di vista giuridico, privato per davvero e pubblico per finta. Così come i suoi governatori in pratica non sono eletti da nessuno, ma in teoria fanno gli interessi di tutti. Nei recenti editoriali delle migliori teste d’uovo del giornalismo italiano troverete ribadito alla nausea questo concetto: è fondamentale garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’Istituto. Altra straordinaria prerogativa delle Banche Centrali moderne le quali non sono composte da uomini, come tutte le altre istituzioni della vituperata ‘casta’. Sono formate, piuttosto, da esseri angelicati magicamente incorrotti, e incorruttibili per definizione, al di sopra di ogni sospetto e refrattari a qualsiasi condizionamento. Insomma, l’unico caso noto, nella storia delle dottrine politiche, di un soggetto giuridico la cui rettitudine è infusa, presunta e inconfutabile. Ora, lasciamo perdere il fatto che la Banca d’Italia non conta più nulla giacché ‘dissoltasi’ nella BCE. È comunque una banca centrale. Tali banche – uniche ‘centrali’ del Vero Potere (quello di creare denaro) e al primo posto nell’hit parade dei Veri Potenti – sfuggono sempre all’investitura elettorale, al giudizio popolare e all’umana comprensione. Sono come il clown mostruoso del capolavoro horror di Stephen King: IT. Tutti sanno che c’è, ma nessuno sa dire chi è, dov’è, cos’è. È IT, è ‘esso’, è ‘colui che è’, come il dio biblico signore del nostro paradiso perduto. E arbitro dell’inferno attuale.
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