Ovviamente, e per fortuna, c’è anche un lato fascinoso e comico in tutta la faccenda della censura contro i blogger. Piccole chicche di involontaria coglioneria che ci fanno guardare, con la simpatia dovuta ai minchioni, i sostenitori di tali contromisure al disordine pubblico. Ecco come i promotori della galera anti-bufale hanno commentato il loro progetto: “la libertà di espressione non può trasformarsi semplicemente in un sinonimo di mancanza di controllo laddove controllo, nell’ambito dell’informazione, vuol dire una notizia corretta a tutela degli utenti”. Questi qua hanno saltato a piè pari le lezioni di filosofia, se mai hanno studiato filosofia, delle scuole superiori, se mai hanno frequentato le scuole superiori. Ignorano Voltaire e il suo indimenticato monito che sta lì ad ammonirci sul fatto che la libertà di espressione consiste precisamente nella mancanza di controllo: sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente. Non esiste libertà di espressione senza la radicale mancanza di qualsiasi controllo. Di più: il controllo sta alla libertà di espressione come il cianuro alla salute dell’uomo. Due soli sono gli antidoti alle pur possibili degenerazioni della libertà di espressione: i reati di calunnia e di diffamazione. Cioè allorquando la libertà di espressione ferisce un nostro simile addebitandogli fatti non veri oppure lo diffama disonorandone la persona. Punto. C’è già tutto quel che serve per tutelarci contro chi fa un impiego indegno della predetta libertà. Il resto è solo il tintinnar di manette di una dittatura a venire. Ma procediamo. Altra meravigliosa spiegazione dei padri costituenti della censura due punto zero: “il provvedimento è un primo passo per aprire un dibattito più ampio”. Come se uno dicesse: questo muro è un primo passo per favorire l’incontro tra le persone. Una frase che è l’apoteosi di un’era fondata sulla geometrica potenza del controsenso, sull’eutanasia del pensiero razionale. Ma che possiamo aspettarci? Il platonico principio di contraddizione è andato a farsi fottere, insieme alla logica aristotelica e alle sottigliezze dello stoico Crisippo. Il favoloso paradosso, a ben pensarci, sta nel fatto che i lavori preparatori a un testo di legge sulle notizie false e tendenziose, si reggono su ragionamenti e assunti falsi e tendenziosi. Un cortocircuito dell’intelligenza e della cultura, un tuffo a perdifiato nella stupidità, come se l’homo sapiens sapiens avesse intrapreso contromano il tragitto che l’ha condotto dalla scimmia nuda del palcoscenico dell’Ariston a quella di Desmond Morris. Come commentare, altrimenti, la promozione per legge dell’”alfabetizzazione mediatica” dei giovani e la loro formazione all’”uso critico dei media on line”. È una bestemmia davanti al dio della ragione, se c’è, l’eco kantiana di quell’aggettivo: critico. Laddove Kant ci ha insegnato proprio l’inattingibilità del ‘vero’ e quindi l’assurdità di una alfabetizzazione che imponga il ‘vero’ a suon di sanzioni penali. Ma che ci sgoliamo a fare. Questi, a sentire il nome del filosofo tedesco, pensano a una hit della Pausini.
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