Io avvocato, ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare. Ne sono successe, negli ultimi giorni, di tali e di tante da far impallidire persino le navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, o i raggi B balenanti nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. Per dire, ho visto – nel pieno di una crisi sanitaria conclamata – un Ministro della Giustizia concentrarsi sul problema della prescrizione. E ho visto, nell’angusto corridoio-cunicolo (privo di finestre) di una Corte d’Appello, decine di avvocati ammassati in attesa di poter accedere all’aula di udienza mentre un cancelliere con mascherina, all’interno, li attendeva al varco.
E ho visto colleghi accampati come profughi dolenti sulle scale di accesso al corridoio nel tentativo di proteggersi, più che dal virus, da chi non trovava tempo né voglia di proteggerli dal virus. Ho visto disposizioni surreali affisse fuori dalle medesime aule, tipo lo scaglionamento delle udienze a blocchi di venti a distanza di mezz’ora. E poi ho visto, finalmente, l’Organismo congressuale dell’avvocatura proclamare l’astensione dalle udienze per due settimane.
Ma ho anche visto la reazione gagliarda della magistratura: guai a chi arretra! O udienze o morte! Anzi: o Firenze, o morte! Ho, infatti, visto la delibera del Tribunale di Firenze dove si legge che la decisione della classe forense “non appare costituire un motivo legittimante gli avvocati a disertare le udienze” giacché non spetta agli avvocati decidere se “sussistano gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. Il tutto mentre il Paese è diviso in zone rosse e gialle, le scuole e le università sono sospese, gli scienziati raccomandano di evitare i contatti stretti e prolungati.
Ma ho visto, anzi ho capito, che c’è evidentemente chi non vede, o non capisce, le notizie dei notiziari. E ho altresì visto, e ho capito, che Firenze ha recepito solo il soprastante indirizzo dei Presidenti di Corte d’Appello i quali, riunitisi in videoconferenza (a prova di virus), hanno deliberato di negare agli avvocati il diritto di astenersi dalle udienze e di non considerare legittimo il loro impedimento. Ma poi ho visto, ho letto, che innumerevoli uffici giudiziari – in attesa che il Governo occupasse il posto vacante al Ministero della Giustizia – hanno deciso autonomamente di bloccare i processi per un mese.
E ho visto, e ho saputo, del moltiplicarsi di separate iniziative di giudici di ogni ordine e grado mirate a rinviare le udienze caso per caso. Allora mi sono chiesto chi poteva avvertire le Corti d’Appello di una bizzarra circostanza: da ogni parte d’Italia fioccavano ordinanze attestanti l’esistenza di “gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. Cioè gli stessi motivi sottesi alla decisione dell’avvocatura. Allora ho visto, e compreso, che né gli avvocati, né i virologi di fama, né Burioni in persona possono attestare lo stato di emergenza sanitaria di un Paese. Ma i magistrati sì.
Alla fine, passando per i Bastioni di Orione, ho visto un’associazione di avvocati delle più rappresentative non aderire all’astensione proclamata dai vertici dell’avvocatura, ma confermare che il diritto all’astensione è sacrosanto. E quello di contrarre il virus pure. E infine ho visto, uscendo dalle porte di Tannhäuser il tempestivo decreto frutto della fulminea presa di posizione di un Ministro della Giustizia il quale ha l’alibi nel nome (Bonafede): applicazione del regime di sospensione feriale per tutti gli uffici. Ci rivediamo tra due settimane quando il Covid-19 – finite le vacanze – sarà tornato in Cina. La cintura di contenimento non servirà più. Basterà quella di Orione.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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