A volte, trascinati dall’incalzare degli eventi, dimentichiamo che persino le vicende più drammatiche e inusuali, come la strage di bambini a Nizza, costituiscono, in fondo, un deja vu. Abbiamo già vissuto il terrorismo in passato, sono già state mietute vittime innocenti e le sirene hanno suonato per prestare soccorso alle vittime indifese e innocenti di altri assassini. Eppure, è giusto cercare di capire ciò che unisce e ciò che distingue i fenomeni trascorsi per riuscire a decifrare quelli a venire. Il terrorismo, come prosecuzione del confronto politico con altri mezzi, è stato praticato, nel Novecento, soprattutto in chiave sociale, perlomeno nel nostro continente. Ci sono stati sia massacri indiscriminati in luoghi pubblici (come la strage di Bologna), sia attacchi mirati a obiettivi individuali con sacrificio di vittime collaterali (come il sequestro Moro), sia pure e semplici fucilazioni urbane di uomini target, bersagli mobili individuati come simboli semoventi, autentici gangli vitali di un regime da disarticolare nelle sue componenti di riferimento. In cosa si differenzia il nemico da affrontare adesso? In due aspetti cruciali atti a renderlo estremamente più insidioso e difficile da contrastare rispetto agli avversari di quaranta anni fa. Primo: gli attentatori di allora non erano deliberatamente suicidi. Magari erano disposti a morire in nome di una causa, ma il sacrificio di sé lo consideravano solo l’estremo, possibilmente evitabile, esito di una missione di morte destinata ad altri, non a se stessi. Ciò li induceva a progettare in anticipo non solo il ‘colpo’, ma anche una fuga sicura (negli omicidi di giornalisti, politici, magistrati) ovvero ad ammazzare generalmente con ordigni esplosivi da collocare in luoghi strategici da cui allontanarsi in tempo, prima dell’esplosione (Piazza Fontana). Secondo: i terroristi del secolo breve avevano scopi terreni (l’instaurazione di una società alternativa oppure la stabilizzazione dello status quo). In entrambi i casi, rossi o neri che fossero, essi avevano in mente un progetto per l’aldiquà. I terroristi attuali, invece (quantomeno le manovalanze spedite in prima linea), sono molto più interessati all’aldilà. Il loro scopo non è tanto il ribaltamento, o il congelamento, dei rapporti di forza di questo mondo, ma la glorificazione, a prezzo di un olocausto globale, di un altro mondo invisibile ai nostri occhi, ma visibilissimo alle loro menti. Questo li rende micidiali e incomprensibili per le nostre mappe di interpretazione della realtà e dei processi storici. Fondendo le due caratteristiche citate otteniamo il profilo del più terribile antagonista che si possa immaginare per una società ‘aperta’, laica, secolarizzata: il nichilista, l’uomo disposto a morire subito, in loco, senza tentennamenti pur di veder trionfare un’Idea intangibile che per lui è il Tutto e per noi è il Nulla.
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