Allora, abbiamo spiegato per quale ragione le realtà aziendali, soprattutto di grosso calibro, si stiano progressivamente orientalizzando divenendo solerti e materne nel proporre contenuti morbidi, coccoli, soft ai propri dipendenti. E vai col mindfulness, con la gestione emozionale, con le strategie di manipolazione mentale dalle più diverse e suggestive designazioni. Tutti equivalenti della pillola blu proposta da Morpheus a Neo nel film Matrix: addormentano la coscienza e le impediscono di ragionare criticamente sull’andamento del mondo. Ed ecco il motivo per cui il vero convitato di pietra nell’universo mondo del coaching e della formazione high level è la tradizione filosofica occidentale. Non troverete un solo caso, men che meno ai livelli siderali del super business transnazionale, che proponga dei corsi sulla metafisica greca, su Hegel, su Fichte, su Giovanni Gentile, su Gramsci, sulla Scuola di Francoforte. Tabula rasa. Roba ottocentesca. E se lo chiedete a qualche autorevole formatore, posto che egli sia aggiornato sull’esistenza di una materia di nome filosofia, vi risponderà (non avendola mai masticata) che oggi il mondo del lavoro ha bisogno di tecniche efficaci, non di teorie filosofiche. E che è molto più performante un training di derivazione orientale (come la mindfulness) piuttosto che i vecchi e inutili arnesi del pensiero occidentale (racchiusi in certi astrusi libri difficili fin dal titolo). La realtà, ovviamente, è un’altra. E cioè che proprio l’Occidente ha generato gli antidoti all’universo sottosopra in cui tiriamo la nostra frustrante carretta. Antidoti così potenti e pericolosi per il sistema da essere stati confinati ai margini dei margini dei margini dell’Impero. Una damnatio memoriae in piena regola. Perché gli autori succitati, idealisti in primis, non ci insegnano a stare meglio con noi stessi, ma a stanare la nuda verità dietro le contorte apparenze. Essi ci inducono a distogliere lo sguardo dal nostro minuto ombelico psicofisico per rivolgerlo alla società nel suo insieme, nel suo complesso. Ci esortano a individuarne le strutture, e le storture di fondo, per farci approdare a una conclusione scandalosa e intollerabile per i tenutari del bordello globale vigente e per i loro guru di riferimento: l’uomo crea il mondo con il suo pensiero e, quindi, l’uomo lo può cambiare con la sua praxis. Praxis significa azione rivoluzionaria, frutto di una riflessione intelligente e anticonformista, rivolta al tutto non a una sua parte insignificante. Chi si applica alla filosofia diventa, per ciò stesso, un sovversivo. Egli comincia a scrutare aldilà di se stesso, a porsi domande concernenti non gli stipiti della stanza d’hotel in cui vive, ma le sue fondamenta. La tradizione metafisica occidentale, insomma, non ci aiuta ad auto-manipolarci i neuroni per sopportare un’altra aziendalissima giornata di multitasking e di stress omicida. Piuttosto, ci mette davanti alla realtà complessiva, ce ne squaderna le viscere purulente e poi ci fa balenare la prodigiosa e prometeica idea che la si possa cambiare. Ecco perché la filosofia è bandita dalle aule di formazione. Il sistema non tollera chi non lo tollera. E conosce molto bene le potenzialità dei suoi nemici. Quindi, mindfulness, intelligenza emotiva e seghe mentali per tutti.
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