I fatti accaduti in Siria, aldilà delle responsabilità e delle conseguenze, ci danno modo di tentare una riflessione sul rapporto tra la nostra civiltà globale, da un lato, e l’etica e l’estetica dall’altro. Quando parliamo di civiltà globale ci riferiamo a quel complesso di modi di sentire più o meno condivisi, di luoghi comuni più o meno condivisi, di precetti morali più o meno condivisi che oramai accomuna miliardi di persone in tutto il pianeta non già in forza di un retaggio di costumi e di linguaggi e di storie patrie, bensì in forza di una rete, sovente subliminale, di slogan, di mantra, di password veicolate dalla Regina Televisione e dalla Dea Internet. Questa massa sterminata di individui mentalmente sradicati ed emotivamente delocalizzati rispetto alle loro origini familiari e alla loro ‘residenza’ culturale ha sofferto e soffre di un vuoto interiore il quale è stato, è e sarà progressivamente colmato da una dimensione ‘interiore’ artificiale assemblata dai tenutari dei centri di smistamento degli slogan, dei mantra, delle password di cui sopra. Quindi, dalle grandi major televisive e dai colossi dell’informazione digitale. Bene, questa neonata ‘civiltà’ non conosce più, anzi non tollera più, la distinzione tra l’etica e l’estetica, tra il bene e il male, da un lato, e il bello e il brutto, dall’altro. Il bene e il male sono variabili vaghe e scarsamente ancorate a riferimenti valoriali solidi e tendono a slittare sempre di più lungo il declivio scivoloso, giù per il piano inclinato dell’estetica. Questo spiega la ragione delle reazioni isteriche dei mass media, a reti come sempre unificate, di fronte alla presunta strage di siriani con armi chimiche. Una reazione assurda se valutata con i parametri della ragione classica o soppesata con i criteri di un’etica degna di questo nome. Ogni giorno, in Medio Oriente e nelle altre limitrofe zone calde muoiono centinaia o addirittura migliaia di persone uccise da armi convenzionali. Esse soffrono di dolori atroci provocati da precisissime e chirurgiche macchine di morte, perdono mani, braccia, gambe posate accidentalmente sulle mine antiuomo, sono vittime di soprusi, abusi e sevizie da quella sofisticata arma biologica che risponde al nome di ‘uomo’. E allora perché lo stracciamento di vesti? Per un motivo estetico, non etico. La coscienza sopita della civiltà globale è urtata non dal male in sé, dalla morte in sé, dalla sofferenza in sé, ma dal male, dalla morte e dalla sofferenza in quanto asseritamente provocate da un’arma chimica. Non è accettabile perché ‘non è bello’ secondo i canoni estetici della nuova cultura. Si ammazzassero pure, ma per favore non con le armi chimiche. Come se le armi convenzionali impiegate di regola e spacciate in tutto il mondo da tutti i paesi ‘civilizzati’ (Italia in testa) sparassero passata di pomodoro. In somma, non è che ‘non sta bene’. Piuttosto, ‘non si può vedere’. E lo dimostra icasticamente un passaggio rivelatore, un lapsus freudiano, del discorso di Trump, laddove egli lamenta l’uccisione di ‘bambini bellissimi’. Siamo approdati nell’era profetizzata da Nietzsche, al di là del bene e del male, ma non siamo ancora pronti ad andare al di là del bello e del brutto. Che epoca, amici! Gronda bellezza.
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