Qualunque persona mediamente raziocinante, e di medio buon senso, capisce che lo ius soli è un provvedimento illogico, fuori tempo, e assai pericoloso nell’Italia di oggi. Insomma, una pirlata galattica: come usare benzina per domare un incendio. Sia per motivi contingenti sia per ragioni di elementare equità e amor di patria: in questo peculiare momento storico, con un Paese in crisi nonché meta di un’oceanica invasione di disperati (di cui non si accorge solo il Ministro dell’Interno), aggiungere il ‘premio fedeltà’ del regalo della cittadinanza al vitto e alloggio gratis non è neppure un’idea idiota: è una pulsione suicida; inoltre, svendere il nostro bene più prezioso come se si trattasse di uno scampolo di fine stagione, è un oltraggio alla nostra storia, ai nostri valori, alla nostra tradizione, a quel ‘comune sentire’ che ci rende ancora orgogliosi ogniqualvolta un calciatore qualsiasi canta, in mezzo a un prato: “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”. Precisato l’ovvio per puro scrupolo, una domanda s’impone. Perché queste cose un cittadino normale le capisce al volo e un dirigente o elettore del PD no? L’unico modo per venire a capo della faccenda è entrare nella testa di un democratico, un po’ come in quel film di qualche anno fa dove il regista si chiedeva cosa si provasse ad ‘essere John Malkovich’. Il che significa studiarne la mappa del mondo, vedere la realtà come la vede lui. Credetemi, non ci vuole troppo tempo, è questione di poche righe e di qualche secondo, quindi continuate a leggere. Il democratico tipo è sostanzialmente l’orfano ideologico di una ideologia senza patria. Pensate al simbolo del defunto PCI: una bandiera rossa con falce e martello che si sovrapponeva, con ribalda prepotenza, a una italiana (l’orlo del tricolore si scorgeva appena, da sotto il lembo di quella sovietica). Il comunismo era internazionale e refrattario ai nazionalismi patriottici quanto lo è il globalismo capitalista animante la costruzione europea. I compagni, dopo l’Ottantanove, hanno giustapposto un vessillo all’altro (quello blu oro-stellato al rosso giallo proletario), individuando nel fanatismo mercatista e ultraliberista un surrogato del proprio primordiale odio anti-italiano. Con strepitoso sprezzo del ridicolo, lo hanno guarnito di generici riferimenti a un perbuonismo peloso e a una solidarietà di facciata e sono andati avanti fischiettando come se niente fosse, divenendo il braccio armato di quei poteri forti (economici e finanziari) che i loro padri avevano strenuamente combattuto. Marx avrebbe detto che un’operazione come lo ius soli è una tipica manovra per attingere ancor più a quello sterminato esercito di riserva di braccia stanche e bocche affamate in grado di fare concorrenza al ribasso alle classi lavoratrici indigene. Vero; ma il piddino odierno non sa neppure chi fosse Marx. Al massimo, gli verrà in mente Merckx, il più grande ciclista di sempre, e forse la sua memoria gli servirà financo da stimolo a pedalare ancor più forte, ancor più duro affinché si realizzi l’obbiettivo di chi lo tiene al guinzaglio: i ricchi siano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. E gli stupidi sempre più stupidi.
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