Se volete uno spaccato di maggioranza addormentata pensate all’asinina tracotanza con cui in tanti hanno salutato l’approvazione della legge sulle cosiddette unioni civili. Che sono, di fatto, e per chiunque abbia frequentato non diciamo le aule di una facoltà di giurisprudenza, ma i banchi di una scuola elementare, la trasposizione del matrimonio tra uomo e donna sul versante omo. Avessero coraggio e non la vigliacca temerarietà dei manipolatori di professione, lo chiamerebbero matrimonio gay. Ma non si può, non ancora. Bisogna andare per gradi. Di questi tempi, una volta stabilito un obiettivo, la matrice lo raggiunge attraverso l’uso arguto e mistificante della sofisticazione linguistica. Così, meglio non dire matrimonio perché evoca troppe resistenze. Si fa, ma non si dice, come usava negli anni in cui Berta filava. È come se l’antica ipocrisia clericale e democristiana non fosse mai morta. Ha solo mutato veste perché la stagione è cambiata e tira vento. Alla fine, quelli presi all’amo sono sempre i soliti allocchi che non vedono strategie occulte manco nei film di spie della guerra fredda. Tutto è limpido, tutto è chiaro, terso come acqua di fonte. La teoria gender non esiste, il matrimonio gay neppure, le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso non ne parliamo. Esiste solo una ineccepibile circolare ministeriale figliata direttamente da Voltaire e dagli enciclopedisti del settecento, esistono le unioni civili che sono una conquista di civiltà per tutelare i diversamente sposi, esistono le step child adoptions che non c’entrano nulla con gli uteri in affitto, tranne quando li pagheranno, estero su estero, per fabbricare carne infantile a cui affibbiare amorevoli genitori, padre su padre, madre su madre. Insomma, la verità ufficiale non collima mai con i fatti veri, celati dietro le parole, ma semmai con le parole che quei fatti descrivono. Anche se è del tutto evidente l’incedere inesorabile di una civiltà incivile in cui le precondizioni naturali (come il matrimonio tra uomo e donna finalizzato alla procreazione di figli) divengono i cubetti colorati interscambiabili di un ciclopico cubo di Rubik. In questo gioco, non ci sono più punti di riferimento accettati in quanto precedenti l’uomo, pre-esistenti ad esso. Fanculo le premesse progressiste della costituzione americana: noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità eccetera eccetera. Ora esiste solo l’uomo con la sua volontà di disporre a piacimento di ogni dimensione dell’essere, modificandola ad arbitrio e capriccio, fino ad imporre un modello dove, sotto le mentite spoglie della tutela dell’uguaglianza di tutti, si comprimono le differenze di ciascuno. Quindi, la famiglia tradizionale, in quanto manifestazione di un dato naturale non deciso, né governato dall’homo faber (e padrone assoluto di sé medesimo) deve dissolversi. E si dissolverà. Così come l’identità sessuale diverrà non già l’abbrivio indisponibile, ma l’esito disponibilissimo di un percorso di autocoscienza singolare e di una scelta individuale, fungibile, alterabile, modificabile e capovolgibile come ogni altra. Ma non importa, il cretino istituzionalizzato che infoltisce i ranghi della maggioranza dormiente è intimamente convinto si tratti di sistematici passi in avanti verso una più compiuta libertà. Mentre sono solo inesorabili passi indietro verso una più completa schiavitù.
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