Andiamo un po’ più a fondo del caso Perego e tentiamone una fenomenologia. L’operazione compiuta nel suo talk show consisteva nell’enucleare una serie di caratteristiche tali da rendere meritevoli di attenzione, e corteggiamento, le donne di una certa area geografica dell’Europa. A rileggerla, quella lista, vien da sorridere per la sua disarmante inoffensività. Contiene una sequela di luoghi comuni correnti, alcuni persino condivisibili (chi non vorrebbe una fidanzata sexy? A chi non darebbe noia una ragazza ingrugnita e rompipalle?). Ma, aldilà del contenuto, essa rappresenta un ‘processo’, una scorciatoia del pensiero di importanza vitale per l’esistenza stessa del raziocinio elementare, se non addirittura di quello filosofico. Parliamo quindi di roba ‘alta’, altro che tv trash. Il processo, per intenderci, ha nome ‘generalizzazione’. Esso consiste nell’attribuire a una classe di soggetti, indistintamente e indiscriminatamente, una serie di caratteristiche prototipiche. Dalle barzellette sui carabinieri a quelle contro gli avvocati, dall’odio anti-juventino alle paure che ci salvano la pelle, dalla metafisica classificatoria di Aristotele alle categorie di Benedetto Croce, la generalizzazione è il sale del nostro intelletto. Vale a dire, un alimento cruciale per impastare qualsiasi tipo di ragionamento. Ebbene, la generalizzazione implica e involge, per sua stessa natura, la divisione in generi. Può sembrare paradossale, ma è così. Quando generalizzi, in verità – oltre a semplificare per amor di discussione – categorizzi e quindi parcellizzi la realtà in ‘generi’ diversi. Ecco il vero motivo per cui contro la Perego si è scatenato un linciaggio senza precedenti. La bestemmia somma di cui ella si è macchiata è proprio la declinazione sul piano pratico, nazional-popolare, di un meccanismo mentale che la Torre di Controllo del mediaticamente corretto non sopporta. Perché l’attitudine a generalizzare, che poi è un embrione della tentazione a filosofare, implica lo spacchettamento della matassa indistinta dell’essere in ‘cortili’ potenzialmente forieri di discordie. La Matrice, oggi, detesta di un odio luciferino chi fa ‘discriminazioni’. E non parliamo, ovviamente, delle bieche e deprecabili discriminazioni razziali. Parliamo di ogni tipo di ‘discriminazione’, della naturale inclinazione umana alla generalizzazione che, per quanto sopra detto, normalmente ‘discrimina’ nel senso di dividere per innescare, strutturare, agevolare il pensiero critico e complesso. Lo Spirito del Tempo ci vuole, in primo luogo, uguali, ma non nel senso normale del termine bensì in quello ‘normalizzato’. E ci stiamo talmente abituando all’ortopedia cerebrale, alla correzione artificiosa delle nostre formae mentis, da accettare senza batter ciglio minchiate galattiche come il voto ‘di rettifica’ del genere: uno scranno al maschietto e uno alla femminuccia, le famose quote rosa. Ma è solo un esempio tra mille. La stessa Unione Europea, e il progetto di sciogliere le identità nazionali nell’acido mafioso della sua filosofia pestifera, ne sono un portato. In passato qualcuno divulgò il principio di uguaglianza per combattere il sopruso. Ora, il sopruso di quel principio si nutre.
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