Una delle parole chiave della politica contemporanea è “nuovo umanesimo”. La si utilizza per sottolineare una riconquistata centralità della persona umana nella cosiddetta “governance” dei processi decisionali e delle prodromiche deliberazioni legislative. Pensate all’ex premier Conte il quale, in occasione del suo insediamento, disse: “Molto spesso negli interventi pubblici ho evocato la forma di un nuovo umanesimo: non ho mai pensato fosse lo slogan di un governo, ma un orizzonte ideale per il Paese”. Persino Papa Francesco, in un video messaggio del settembre 2019 (sulle politiche dell’educazione), ha impiegato questa suggestiva locuzione: “Serve un patto educativo globale che ci educhi alla solidarietà universale, a un nuovo umanesimo”. Tuttavia, a dispetto di tale rivendicata esigenza, vi è da dubitare fortemente che la persona umana rappresenti un focus prioritario per le odierne classi dirigenti, per le principali agenzie di informazione e per le istituzioni pubbliche più rappresentative a livello nazionale e internazionale. È lecito, anzi, sospettare il contrario; e, cioè, che siamo di fronte a una deriva anti-umanistica iniziata nell’ultima parte del ventesimo secolo, con l’avvento prima e il trionfo poi delle logiche neoliberiste in economia. Una deriva dilagata, a rotta di collo, nel nuovo millennio soprattutto sull’onda delle emergenze climatiche e pandemiche. Per averne piena contezza provate a effettuare l’utile controprova della “scala valoriale delle priorità”. Consiste nel chiedersi quale sia il valore cruciale, o la bussola “orientante” se preferite, sul piano dei principii non negoziabili (anche e soprattutto etici) di un soggetto o di un gruppo. Altrimenti detto: cosa viene “prima” e cosa viene “dopo” nell’indirizzare le scelte di un individuo singolo o di una collettività organizzata? Qual è la stella polare di riferimento? Se restiamo su un piano politico, declinato in ambito italiano, sarà sufficiente compulsare la legge fondamentale delle nostra Repubblica. Scopriremo che la Suprema Carta è contrassegnata da un profondo spirito “umanista”. L’essere umano è il perno attorno al quale tutto il resto ruota: dal mercato alla salute all’ambiente. Mercato sì, ma con giudizio: per l’art. 41 l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con la “dignità umana”. Salvaguardia della salute pubblica sì, ma con giudizio: per l’art. 32, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, ma la legge “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Tutela dell’ambiente sì, ma con giudizio: per l’art. 9 (testo originario) la Repubblica tutela il paesaggio, ma non “prima” della (e prioritariamente alla) persona umana; semmai, solo “dopo” aver chiarito, all’art. 2, che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili “dell’uomo” e, all’art. 3, che la Repubblica rimuove gli ostacoli alla “persona umana”. Oggi, per contro – e nonostante il supposto avvento, auspicato dalle più alte cariche, di un nuovo “umanesimo” – assistiamo al percorso inverso. L’uomo non è al centro, ma alla periferia della mappa dell’importanza e, perciò, non si colloca più sulla sommità della relativa scala. Lo hanno sopravanzato sia i “mercati” sia la “salute pubblica” (persino nelle sue declinazioni più discutibili e pervasive) sia la “terra” sia il “clima”. Per quanto riguarda l’aspetto economico, basta un’occhiata ai trattati europei dove è scritto nero si bianco che la Ue punta su una società “fortemente competitiva” (art. 3 del Trattato di Maastricht) in cui “la stabilità dei prezzi” è l’obbiettivo prodromico ad ogni altro (art. 119 del Trattato di Lisbona). Oppure si guardi alle modifiche degli artt. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione con l’inserimento del “pareggio di bilancio” quale architrave pregiudiziale di ogni politica fiscale dello Stato. Quanto alla salute, può giovare una rilettura della sentenza della Corte Costituzionale nr. 14 del febbraio scorso (sull’obbligo vaccinale). In particolare, là dove si sdogana, in buona sostanza, l’idea di una “scienza” sovrana e di una tutela della salute di “tutti” anche a costo di sacrificare la salute di (più di) qualcuno (“devono ritenersi leciti i trattamenti sanitari, e tra questi le vaccinazioni obbligatorie che, al fine di tutelare la salute collettiva, possano comportare il rischio di conseguenze indesiderate, pregiudizievoli oltre il limite del normalmente tollerabile”). Infine, per quanto concerne l’ambiente, si consideri quanto spesso vengono evocate misure draconiane, in primis a livello europeo, contro lavoratori, famiglie, singoli individui, in nome della lotta al “cambiamento climatico” di origine antropica (teoria contestata da un numero cospicuo di autorevoli scienziati). O si veda la modifica dell’art. 41 della Costituzione (Legge Cost. 11 febbraio 2022, n. 1) con l’inserimento del seguente comma: “(La Repubblica) tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Il che sottende la disponibilità a un sacrificio degli interessi di persone già esistenti a beneficio di persone non ancora venute al mondo (e, in realtà, usate come alibi per giustificare la prevalenza dell’ambiente sull’uomo). Alla luce di tutto quanto esposto, un dubbio inquietante si profila: che, cioè, non solo non sia alle viste un nuovo umanesimo, ma sia anzi prossima la definitiva rottamazione di quello antico.
Francesco Carraro