Vi piace la conserva? È buona! Su un bel piatto di pasta, fa la differenza. Wikipedia ce la racconta così: “Le conserve alimentari sono ogni varietà di ortaggio conservato in vari modi per poter essere mangiato anche fuori stagione. Sin dai tempi antichi venivano preparati in casa dalle massaie e conservati per essere consumati quando non esistevano freschi”. La chiave della ricetta sta nell’aggettivo ‘freschi’. Le conserve non sono mai fresche. Anche se lo sembrano. Ora parliamo di politica senza smettere, come vedrete, di parlare di conserva. Quanto più si approssimano le elezioni politiche, tanto più dobbiamo ‘mentalizzarci’, come direbbe un coach del pensiero positivo, sul seguente concetto: le tre forze in campo per contendersi la cadrega di Palazzo Chigi sono ‘ugualmente’ diverse nel senso di appartenere, risalendo “per li rami”, allo stesso ceppo ideologico, concettuale, politico: la conservazione. Se mai ha battuto in voi un cuore rivoluzionario, allora questo è il momento giusto per dimostrarlo, non votandone nessuna. Non che la conservazione sia in sé un atteggiamento sbagliato. Si possono, anzi si debbono, conservare un sacco di buone cose, proprio come gli ortaggi dell’orto. In genere, proprio quelle che l’attuale Matrice suggerisce di sbrindellare nel trita-carne del cambiamento: valori familiari, tradizioni religiose, legami territoriali, identità di genere. Tuttavia, i giocatori del prossimo agone elettorale non vogliono conservare il meglio, ma il peggio: iniquità sociali, eutanasia democratica, deriva totalitaria dell’insieme. La controprova è stata, di recente, fornita da uno dei padri nobili della sinistra italiana (Eugenio Scalfari) il quale ha candidamente sostenuto di non avere dubbi su chi scegliere – tra Di Maio e Berlusconi – nel caso vi fosse costretto: opterebbe per il Cav. Lo ha detto l’arci-nemico dichiarato del Berlusca, il fondatore del giornale che, sull’antiberlusconismo e su tutte le sue pacchiane degenerazioni da burletta, ha costruito le proprie fortune editoriali dagli anni Novanta in poi. Perché? Perché, aldilà delle occasionali e contingenti rivalità in affari (business is business!) il Barbapapà di riferimento dell’antiberlusconismo e il Barbablu di Arcore – che quell’antiberlusconismo ha generato – sono cespugli delle stessa malapianta. Si abbeverano alle stesse fonti, per così dire, tifano la stessa squadra: quella della edificazione, prima, e della conservazione poi, dell’attuale stato di cose di cui l’Unione Europea, e la sua perversa torsione burocratico-totalitaria, non è neppure la causa, ma l’effetto. Non è l’Europa sedicente Unita ad aver creato il Frankenstein di un Eugenio Berlusconi o di un Silvio Scalfari. Semmai, è il quadro di valori sotto-strutturali di entrambi, condiviso con le elites continentali, ad aver creato l’Unione sedicente Europea. Ma non è tutto. Se mai, un domani, dovesse per ipotesi accadere che un movimento autenticamente popolare, genuinamente spontaneo, irriducibilmente ribelle osasse sfidare Di Maio alle politiche, state pur certi che Eugenio Scalfari e Silvio Berlusconi farebbero entrambi outing per il candidato grillino. Vanno matti per la conserva.
Nessun Commento