Consigli per gli acquisti delle festività natalizie (befana compresa). Datevi ai libri che non sbagliate mai. Ecco qualche gemma colta random zigzagando tra le epoche e i paesi. Cominciamo da I Buddenbrook di Thomas Mann. Prodigioso affresco della decadenza di una buonissima famiglia dell’Ottocento in picchiata, una generazione via l’altra, da una ricchezza pasciuta e condita di borghese buon senso alle angosce della fine di un Mondo. Mann non è uno scrittore, è un mostro della letteratura universale, forse uno dei più eccelsi talenti di sempre. Immergersi in questo romanzo significa rinascere nel diciannovesimo secolo, con tutti i sensi bene accesi per captarne i sapori, i suoni, gli odori, le musiche, i velluti. Thomas piega all’inverosimile la duttilità della bella scrittura per restituirci la verosimiglianza insuperabile di un passato perduto. E ci catapulta, forse, dove tutto è cominciato, alle sorgenti del Nilo del mal di vivere odierno. Altro titolo: Le particelle universali di Michel Houllebecq, panoramica sull’ultimo trentennio del Novecento visto, anzi intravisto, attraverso lo sguardo di due fratellastri antieroici. Bruno e Michel – stessa madre e consimili torpori esistenziali – si incontrano alla ricerca di un senso in un’era deprivata di Senso. L’autore se ne fa e ce ne da una ragione, senza sconti e cedimenti. Straziante e coinvolgente. Veniamo all’Italia di oggi e al più grande autore italiano vivente – opinabilissima opinione di chi scrive -: Edoardo Albinati, fresco vincitore dello Strega con La scuola cattolica. Il quale si incarica di confutare la teoria che un libro funziona se è breve. Mentre è vero l’opposto: se è ricco, se è vivo, se tiene, esso dovrebbe farci piangere di nostalgia e di dispetto alla parola fine. In questo caso, parliamo di oltre mille pagine di elucubrazioni fitte in cui Albinati va alla ricerca proustiana del tempo perduto e squaderna senza rossori i non detti della propria biografia personale ricostruita dai tempi della scuola. Con le paure e le vergogne, gli imbarazzi e le violenze, le brame di vita e di morte, le pulsioni inconfessate e le crude verità della crescita e poi del disincanto. Puro godimento per il lettore, avvinto dall’impeccabilità del suo stile e dalla densità dei suoi contenuti, sedotto da una cavalcata logorroica e sottile attraverso l’Italia degli anni settanta (e oltre) in una precipitosa fuga verso il basso di adesso. Infine, un’autrice spettacolare e magica per quanto è brava: Donna Tartt e il suo Dio di illusioni, storia di una iniziazione giovanile e universitaria, in un campus americano, di sei amici assetati di conoscenza e presi al laccio dalle malie della Grecia classica e dai misteri di Dioniso. La Tartt ha il dono di un Vitaliano Brancati: puro virtuosismo sintattico e lessicale, una padronanza nel dire ubriacante e leggiadra. Tanto da costringerti a rileggerne le pagine daccapo, sbigottito, pur di carpirne i segreti. Buon Anno e buona lettura a tutti.
Nessun Commento