Nel loro ultimo editoriale sul Corriere della Sera, i noti opinionisti Alesina e Giavazzi hanno sottolineato qualche concetto e dispensato qualche consiglio a loro dire di fondamentale importanza per uscire finalmente dalle secche. Primo: in Italia c’è una crisi di produttività nel settore dei servizi rispetto ai paesi europei; secondo: la caduta della produttività sarebbe un effetto della scarsa concorrenza; terzo: si deve abbassare il costo del lavoro per rilanciare la crescita; quarto: bisognerebbe aiutare le banche con l’interevento della Cassa Depositi e Prestiti così da risanare il settore come hanno fatto gli USA. Il pezzo costituisce uno straordinario esempio di quella che potremmo definire miopia risolutiva auto-indotta che consiste nella impossibilità, auto procuratasi, di trovare la soluzione di un problema da parte di coloro che si ostinano ad assecondare il sistema che quel problema ha generato. Ovvero da parte di coloro che persistono a ragionare in base alle stesse categorie che alimentano la problematicità anziché ridurla. Alesina e Giavazzi, andando nel dettaglio, cercano la quadra chiedendo un aumento di produttività quando è proprio l’eccesso di produttività una delle tare del sistema economico occidentale oggi mondializzato. Poi invocano più concorrenza, quando sono proprio le asserite lenzuolate di competitività ad aver favorito l’assemblamento di giganteschi conglomerati oligopolistici in tutti i settori dell’economia, a partire dal pianeta bancario e assicurativo. Quindi, invocano più concorrenza soprattutto in quel settore dei servizi che ancora tiene in vita la moribonda classe media. Niente da fare, i nostri la classe media la vogliono col badge aziendale, zitti e mosca, passo lungo e ben disteso, alle dipendenze di qualche colosso in grado di fare economie di scala. Infine, auspicano il sostegno pubblico delle banche, proprio quel meccanismo perverso (di salvare con soldi statali gli speculatori privati) responsabile della più grande e iniqua socializzazione delle perdite di tutta la storia dell’economia mondiale. Ovviamente, agli editorialisti in commento non mancano né competenze né intelligenza. Essi però sono vittime della sindrome che Edmund Husserl addebitava alle scienze parcellizzate del Novecento, l’essersi cioè talmente specializzate nella descrizione del come va un centimetro quadrato di mondo dall’aver perso di vista il perché il mondo nel suo complesso esista e in vista di quale scopo: “la scienza esclude di principio proprio quei problemi che sono i più scottanti per l’uomo (…) i problemi del senso o del non-senso dell’esistenza umana nel suo complesso”. Sotto questo aspetto, gli articoli di Alesina e Giavazzi hanno un che di masochistico, di tafazziano perché, seguendo le loro ricette, continueremo a farci sempre più male, a picchiarci in autogestione là dove non batte il sole, a chiederci sconsolati perché le palle ci fumano. E a comprare il Corriere per sentirci raccontare che ci vuole più competitività.
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