Ocio che abbiamo i nuovi Savonarola. Ocio che ci mandano al rogo. Ocio che – se non ci dichiariamo abbastanza scientifici e altrettanto allineati – bruceremo tra le fiamme della nuova inquisizione. In quella vecchia, erano i preti a incenerire gli scienziati o a mettergli la sordina (vedi Bruno e Galileo), oggi sono gli scienziati a minacciare fuoco e fiamme, o almeno silenzio eterno – perdindirindina! – a danno di chi osa metterne in discussione i dogmi. Parole e musica di un nuovo fustigatore del malcostume del libero pensiero, tal Roberto Burioni, professore di microbiologia al San Raffaele di Milano, strenuo nemico di chi nega la bontà e validità dei vaccini, il quale ha dichiarato al Corriere della Sera: ” È proprio così, la scienza non è democratica. E Significa che i dati scientifici non sono sottoposti a validazione elettorale”. E ancora, trascinato dall’entusiasmo per la pubblica opinione: “Tutto quello che scrivo è corretto. Chi vuole può riportare di persona la veridicità di quanto riportato, però non può mettersi a discutere con me. Spero di aver chiarito la questione: qui ha diritto di parola solo chi ha studiato”. Ora, posto che non possiamo discutere con lui (non abbiamo studiato medicina), possiamo discutere tra noi di sana filosofia. Nel mondo della filosofia valgono comandamenti opposti rispetto al decalogo del professor Burioni: tutti possono discutere di tutto senza chiedere il permesso. So che fa schifo ai puristi del dogma, ma vi giuro che è così. E non rischiamo di andare fuori tema perché la filosofia non solo può, ma deve parlare di scienza e di studio della scienza e di limiti e regole del sapere scientifico: si chiama epistemologia. Dunque, dunque, filosoficamente parlando la tesi di Burioni non quaglia tanto. Nel Novecento Wittgenstein, il Circolo di Vienna, Carnap e soprattutto Popper dibatterono appassionatamente in proposito e ne uscì anche una teoria illuminante sulla verità, sul linguaggio, sul metodo e sul rapporto tra di essi. In sintesi: se il metro della scienza fosse solo l’autorevolezza delle fonti citate o lo studio matto e disperatissimo staremmo ancora qui a discettare sul fatto che il sole gira intorno alla terra. E invece no. Per fortuna nostra e degli scienziati a venire, il buon Galileo ebbe l’ardire di mettere in discussione l’ortodossia, le fonti, lo studio della cittadella del sapere del suo tempo. E venne messo a tacere dagli avversari in tonaca più o meno con la stessa argomentazione adottata da Burioni nel suo intervento: “Tutto quello che diciamo è corretto. Lei, Galileo, non può mettersi a discutere con noi. Qui ha diritto di parola solo chi ha studiato la Bibbia”. Sono passati quattrocento anni, ma c’è ancora chi ignora la lezione di base: non solo la scienza è democratica, ma è il sapere più democratico del mondo. Al punto che non approda mai a una verità, ma solo, semmai, a una verisimiglianza in attesa di essere smentita. Popper parlava di falsificabilità delle teorie scientifiche, come criterio indefettibile, proprio in questo senso. Le affermazioni della scienza sono buone fino a prova contraria. È solo questione di tempo perché vengano smentite e superate. Ergo, con buona pace di chi non tollera il dissenso sui vaccini e su molto altro, il grido di battaglia dei dotti dovrebbe essere questo: “Tutto quello che scriviamo è sbagliato”.
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