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A PIENO REGIME

pendoliOccupiamoci, o pre-occupiamoci (che è meglio), di un vocabolo: regime. Regime è un termine con una pluralità di significati. In economia, indica un insieme di principi, norme, regole e procedure decisionali attorno alle quali convergono le aspettative degli attori in gioco. In ambito scientifico, designa un fenomeno o uno stato fisico   in grado di influenzare alla grande una data ricerca. In politica, in senso dispregiativo, descrive un governo dittatoriale o autoritario. Oggi, anche se lo utilizziamo in un discorso politico, il termine in questione è decifrabile solo con le categorie anzidette dell’economia e della scienza. Il regime è, in effetti, la spontanea aggregazione di tanti puntini separati verso un punto solo, assimilabile alla genesi dei gatti di polvere sotto al letto. Avete presente i batuffoli condensati di pulviscolo generati dalla lacuna della scopa? Ora, potremmo chiederci: perché i granuli lo fanno? Risposta: per una spinta inerziale al regime. In un regime, non è più necessario che il punto più grosso dia ordine ai piccini di attaccarglisi alle terga. I servi spontaneamente evolvono allo status di arlecchini e colgono il punto da sé. E lo compiacciono fino a trasformarlo da punto interrogativo (Vi piaccio? Quanto vi piaccio? Sono fico? Quanto sono fico?) in punto esclamativo (Vi piaccio! Urca se vi piaccio! Sono fico! Fischia se son fico!). Ecco a voi il regime: un agglutinato caotico di automi inizia a roteare in sincrono come le pulegge ben oliate di un motore. Quando accade è uno spettacolo, da mettersi comodi comodi, con la coca e i pop corn, per godersi lo show. Se avete cinque minuti, proprio adesso, fatelo. Resterete a bocca aperta nel constatare come, in un regime, i vagoncini non bisogna trainarli, slittano facili sulle rotaie del tram dei desideri del boss. Tipo le trame ghiacciate di un fiocco di neve, si auto-organizzano, così da restituire il disegno sublime delle voglie del capo. Ma facciamo un esempio. Escono i dati Istat e gli italiani si svegliano nella Valle dell’Eden, guardano fuori se piove (governo ladro!) e invece splende un sole accecante nella Terra verde oro del Mulino Bianco (governo santo subito!): l’Italia cresce come una locomotiva atomica, stando ai titoli dei telegiornali: + 0,8%, un miracolo autentico, roba da far impallidire il piano Marshall e da far implodere d’invidia gli anni del Boom. Sbobinatevi i titoli di testa dei tigì della settimana appena passata e avrete un fenomenale esempio di regime, in senso fisico ed economico, prima che politico. Ai titolisti e ai cronisti non è arrivata nessuna velina da nessun Minculpop, si sono semplicemente auto-censurati, auto-modulati, auto-irregimentati così da dipingere di rosa il grigio del nostro futuro, per farne un futuro esclamativo. La notizia che il debito pubblico italiano ha toccato il top della sua pur non lusinghiera carriera è stata data, se è stata data, dopo la rubrica ‘Gusto!’ o in coda agli highlights delle semifinali di Coppa. Ma c’è di più. Qualche economista avveduto ha scoperto che persino quello 0,8% comunicato dall’Istat è farlocco. In realtà, per agganciare la ripresa, l’Istat ha effettuato una ‘revisione straordinaria delle serie storiche’. In pratica, si sono accorti che il PIL del 2014 andava rivisto al ribasso, e che, così correggendo, quello del 2015, magicamente, si alzava di zero virgola due punti e saliva dallo 0,6 allo 0,8. Ma credetemi, non glielo ha ordinato il dottore. Gli è venuto spontaneo. Solo per un maledetto caso del destino cinico e baro quello 0,8 era proprio il dato fortemente voluto da Renzi. Il pensiero crea la realtà. E il pensiero allineato crea la realtà di regime.

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