C’è qualcosa di giuridicamente “stonato” nella sentenza con cui la Grand Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha spiegato all’Italia che l’ergastolo ostativo va rivisto. E che prescinde dal caso specifico trattato. Ma forse, prima, c’è anche qualcosa di semanticamente fuorviante, e quindi di razionalmente sballato, nella locuzione “ergastolo ostativo”. I due termini costituiscono un magnifico esempio di tautologia: una figura retorica con la quale si usano vocaboli ridondanti rispetto al significato da veicolare. Un ergastolo dovrebbe essere “ostativo” di default: l’aggettivo è superfluo.
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