I giovanissimi che – a milioni, si dice – manifestano angosciati per le sorti del pianeta Terra, hanno scelto uno slogan interessante: “Ci state rubando il futuro”. La loro fine ideologa, dall’alto della sua studiatissima maturità intellettuale e culturale, ha proposto un jingle ancora più sofisticato: “Ci state rubando i nostri sogni”. In alcune scuole elementari della penisola, circoli di raffinati intellettuali si stanno esercitando su concetti sempre più elaborati, tipo: “Ci state rubando la felicità”. Ma si tratta solo di piattaforme programmatiche temporanee, destinate ad essere subito traguardate, per profondità e acume, dall’alacre ingegno degli alunni di certe materne o di taluni giardini d’infanzia dove si pensa a una sintesi, se possibile, politicamente più adeguata come: “Ci state rubando la gioia, la pace e l’amore”.
Poco male, ogni epoca ha gli intellettuali che si merita. C’è chi ha avuto Marx, chi Gramsci, chi Gentile. A noi che siamo più avanti, giganti sulle spalle dei succitati nanetti, non poteva che toccare un ciclope del pensiero universale come Greta Thumberg. Lo accettiamo. Ci sono forze, spinte, état d’esprit “inarrestabili” – Greta dixit – dinanzi ai quali bisogna solo chinare la testa, rassegnati, come gli eroi perdenti di Eschilo e Sofocle di fronte all’ineluttabilità del fato. Sempre di tragedie stiamo parlando, sapete.
Perché c’è un sottofondo funesto negli “scioperi” del clima dei nostri nuovi sessantottini. Proviamo a liofilizzarlo in un grido di battaglia, come piace a loro: se è vero che vi stanno rubando il futuro, è strano come non vi rendiate conto di che futuro si tratti. Dal punto di vista politico: vi stanno scippando la democrazia; in questa direzione va la desovranizzazione degli stati nazionali, l’evaporazione dei luoghi in cui il popolo può ancora contare, e contarsi, a beneficio di cupole dove i “competenti” e gli “eletti” (non eletti) decidono le sorti delle masse.
Dal punto di vista economico: vi hanno già scippato la sicurezza; in questa direzione va il modello attuale iper-competitivo secondo cui il lavoro non è un diritto, ma un privilegio da conquistare sgomitando in un’arena dove chi non ce la fa viene “respinto dal mercato”; intanto che i bravi sono spremuti come limoni in una estenuante corsa dei ratti. Dovrete adattarvi a vivere alla giornata, senza poter ricamare progetti o impiantare famiglie, giacché s’ha da essere erranti, flessibili; diciamo pure evanescenti, proprio come il gas serra.
Dal punto di vista sociale: vi stanno scippando la salute e la pensione; la prima s’è fatta, da diritto inalienabile che era, una fonte di business; e quindi gli stati vi disinvestono per “tagliare la spesa improduttiva” mentre i privati vi investono per guadagnare sui bisogni di chi “potrà” curarsi. La seconda è semplicemente un miraggio: o non ci arriverete mai o, se ci arriverete, sarà solo per godere di un assegno da fame con un piede e mezzo già dentro la fossa. Da un punto di vista individuale: vi ruberanno la libertà; sarete “tracciati” in ogni vostra azione, spiati in ogni vostro pensiero e persino la vostra sopravvivenza dipenderà solo dal chip di una piccola card da cui potrete prelevare i vostri soldi secondo i “loro” comodi e finchè “loro” lo vorranno. Per tutte queste ragioni, ci viene spontanea un’umana solidarietà verso i contestatori del 2019. A ben vedere, suscitano tenerezza. Almeno, una volta gli studenti facevano casino creativamente in vista di un futuro migliore. Oggi, recitano un copione scritto dallo stesso Sistema che gli garantirà un futuro da incubo.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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