Molti si sono scandalizzati perchè il PD ha aggiunto la bandiera francese a quella europea nel proprio account ufficiale twitter. Io mi sono sorpreso che non abbia tolto quella italiana. Infatti, quel partito ha una naturale vocazione anti-nazionale che lo porta a schierarsi fisiologicamente contro gli interessi italiani. Non vale la pena prendersela. Non è mica colpa loro. È come quel famoso aneddoto dello scorpione a cui una rana dà un passaggio per arrivare dall’altra parte del fiume, previo solenne impegno che la bestia velenosa si asterrà dall’usare il suo pungiglione. A metà del guado, lo scorpione contravviene ai patti e infilza il povero anfibio. Quest’ultimo ha appena il tempo di chiedere all’aracnide perché abbia tradito il giuramento. E l’altro, nell’affogare insieme alla vittima, risponde: “Non posso farci niente, è nella mia natura”.
Ecco, il PD è, in qualche modo, lo scorpione infingardo della politica nostrana, ma mica da ora; da sempre. E non solo sul piano delle scelte strategiche, ma anche su quello simbolico e nominalistico. Pensate all’emblema del vecchio PCI. Nonostante, nell’acronimo del partito, restasse quell’aggettivo imbarazzante per i compagni (“Italiano”), già nel logo le cose si rimettevano a posto: il vessillo tricolore era pudicamente occultato – tanto che ne fuoriuscivano a stento i lembi dai bordi – dal bandierone rosso dell’Unione Sovietica. Una volta tramontato l’impero comunista, i vertici di quel movimento hanno sofferto una effimera crisi di coscienza: con chi schierarsi ora che il tradizionale alleato straniero era venuto meno? C’era il rischio di doversi riscoprire italiani. Ma il turbamento è durato lo spazio di un mattino. Una nuova bandiera – daccapo diversissima da quella nazionale – era disponibile sul mercato delle buone occasioni. Una bandiera blu anziché rossa, con stelle (anziché falce e martello) di colore ugualmente giallo. E così fu che i comunisti divennero ferventi europeisti e si salvarono in corner da una inquietante deriva patriottica.
La soluzione ideologica si tradusse, in breve, in pratica politica. Venne entusiasticamente sposata la linea della spoliazione dei beni patrii attraverso un’orgia di privatizzazioni selvagge; e anche quella, invero assai più pericolosa, della spoliazione di brani interi di sovranità ceduti con giuliva rassegnazione ad altre capitali europee, da Bruxelles a Francoforte. Una volta che lo stesso termine “comunista” si fece vetusto e gravido di dolorosi ricordi lo si sostituì con altri: “democratico” e “sinistra” i più gettonati. Nel contempo scomparve l’aggettivo “italiano”. Oggi che l’Europa Unita non si sente più tanto bene, i creativi del partito hanno colto la palla al balzo delle polemiche italo-francesi e, senza indugio, si sono schierati con Macron. A costo di suicidare l’orgoglio nazionale e gli interessi domestici? Certo che sì. Ma non ne hanno nessuna colpa. È nella loro natura.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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