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Nazionali con filtro

Siamo arrivati al punto che – per leggere un giudizio politico serio, un po’ fuori dal seminato –  bisogna rivolgersi a un commentatore sportivo. Prendi, per esempio, Paolo Bargiggia, giornalista di Sport Mediaset, il quale (in vista della finale mondiale Francia-Croazia) ha postata il seguente commento: “Una nazionale completamente autoctona, un popolo di quattro milioni di abitanti, identitario, fiero, sovranista, la Croazia, contro un melting pot di razze e religioni dove il concetto di nazione e Patria è piuttosto relativo”. Per questa verità, persin banale nella sua solare evidenza, il povero Bargiggia si è beccato del razzista. Il che ci dà la dimensione del livello barbarico del dibattito corrente. E del livello ancor più basso di chi dovrebbe animarlo. Se ci tocca ricorrere a ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ per ottenere un minuto di sincerità, fuori dagli schemi, siamo messi davvero male. Se poi l’autore di quel minuto, anziché valorizzarlo, lo mettiamo in croce, siamo messi malissimo. Il colmo, però, è che il post di Bargiggia non riporta neppure un’opinione, ma un dato di fatto.

Sennonché, il lavaggio del cervello in cui siamo quotidianamente risciacquati ci induce a rifuggire non già le opinioni altrui, ma addirittura i fatti. Respingere le idee divergenti dalle proprie, in fondo, rientra nell’ordinario, e umano, istinto di conservazione del pregiudizio. Ma rifiutare i fatti è tutt’altra cosa, e ben peggiore. È l’anticamera del totalitarismo, l’alba del Grande Fratello, la sala d’aspetto oltre la quale ci attendono gli psico-reati di Orwell. Circostanza ancora più singolare: il post di Bargiggia, oltre a fotografare una interessante contrapposizione (Francia, icona della società globalizzata, versus Croazia, emblema dell’amor proprio indigeno) offriva il destro a tutta una serie di stimolanti  considerazioni; tutte cadute nel nulla perché ha prevalso la chiusura a riccio nell’ottusità perbenista del convenzionalmente corretto.

Per esempio, il Bargiggia-pensiero ci interroga sul senso delle competizioni sportive tra nazionali. Se il nazionalismo in sé è male, a che pro un evento agonistico che eccita i sentimenti di identità patria? Se questi ultimi evaporano – insieme ai tratti distintivi tradizionali, etnici, linguistici –  dove finisce l’Europa? Anzi, dove inizia? Oppure dove inizia e dove finisce? E dove inizia e dove finisce la Francia? E l’Italia? E il Senegal? E il Giappone? Che senso ha lo ‘specifico’ nazionale in un mondo già liquefatto (o prossimo a esserlo) in un crogiuolo indistinguibile di forme? È altamente simbolico che la Croazia abbia perso il mondiale, facendo contenti tutti i profeti dell’Uomo Futuro a Reti Unificate. Una contentezza legittima, si badi bene, ma altrettanto legittima è la perplessità suscitata dai dubbi di  Bargiggia. E legittima, se non doverosa, sarebbe la discussione conseguente. Ma, a quanto pare, è proibito interrogarsi sul punto. Non vorrete mica mettervi a pensare? Razza di presuntuosi! Che razza di pretesa è? Razzisti!

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

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