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Saviano, dì qualcosa di tuo!

Nei corsi di scrittura creativa, gli aspiranti autori vengono messi in guardia contro il loro peggior nemico:  le frasi fatte o gli aggettivi parassiti tipo: ‘chiacchiere oziose’, ‘errore fatale’, ‘delitto efferato’, ‘svolta epocale’, ‘tassello mancante’, ‘resa dei conti’, ‘cifra stilistica’, ‘frattura insanabile’. Bene, nell’ultimo ‘articolo al vetriolo’ dedicato da Roberto Saviano a Matteo Salvini, ne abbiamo rilevati una decina. Sono la ‘impronta indelebile’ del già sentito. Eccole: “teatro dell’orrore”, “alleata strategica”, “eloquio mellifluo”, “anima in pace”, “energia in corpo”, “fiato in gola”, “politica criminale”,  “incitamento all’odio”, “passare sui nostri corpi”. Nel medesimo pezzo, Saviano ha anche scoccato un ‘insulto gratuito’ contro il ministro dell’interno: “Ministro della malavita quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della malavita, l’odio che ha seminato la travolgerà”. Contate le righe: una e mezza. Contate i luoghi comuni: almeno due (“bimbi innocenti” e “odio che ha seminato”).

Ora, la faccenda Saviano-Salvini può essere letta in tanti modi differenti, ma ci piace scegliere quello letterario, di fronte a uno scrittore che vede il mondo solo attraverso le lenti deformanti dei libri (i suoi, ovviamente) e a un politico degradato (da quello scrittore) a simbolo stesso di tutta la romanzesca cattiveria del mondo. Facciamola breve. I post di Saviano, l’ultimo in particolare, grondano luoghi comuni. Quindi, sono scritti male perché afflitti dal peggior difetto per un narratore: il luogo-comunismo, cioè il ricorso a frasi fatte, a espressioni idiomatiche, a modi di dire abusati. Ma non è un caso: tale lo stile quale il contenuto. Infatti, le idee di Saviano sull’immigrazione costituiscono la quintessenza del luogo-comunismo intellettuale in materia di accoglienza e migranti e sono sintetizzabili come segue: poveri-e-perseguitati-in-fuga-respinti-da-governo-brutale-e-disumano. Per comunicare un concetto così rozzo, primitivo, elementare l’unica scorciatoia sono i luoghi comuni. Perciò, nell’intervento di Saviano,  di luoghi comuni  ne troviamo ‘un sacco e una sporta’.

Eppure, credetemi, è più grave la sciatteria del suo stile che non il conformismo delle sue riflessioni. Dopotutto, alla piattezza e all’insulsaggine dei sedicenti grandi intellettuali italiani ci abbiamo ‘fatto il callo’. Essi non fungono da pungolo del sistema, e da stimolo al dibattito, ma da sedativi propiziatori al qualunquismo massmediatico. Tuttavia, da uno scrittore di cotanta levatura avremmo almeno il diritto di attenderci il suo presunto ‘marchio di fabbrica’ e cioè l’originalità distintiva dello ‘scrittore di razza’. Se luogo comune ha da essere, luogo comune sia, ma almeno ben scritto.  E invece no. Ma ‘piantiamola qui’, è  ora di stendere un ‘velo pietoso’ sulla ‘parabola discendente’ di un ‘astro nascente’ del ‘panorama letterario nazionale’.  Però –  ci sia consentito –  se Nanni Moretti urlava a D’Alema di dire qualcosa di sinistra, qualcuno dovrebbe sussurrare a Saviano: dì qualcosa di tuo.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

 

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