Dispiace, da avvocato, dover biasimare la categoria, ma se lo si fa per motivi non legati alla professione in sé, ma al modo in cui essa (tramite i suoi vertici istituzionali) si pone di fronte alle storture, alle disuguaglianze, alle iniquità di un’epoca, allora non è solo lecito, ma anche doveroso. Una delle istituzioni di rappresentanza dell’avvocatura si chiama Consiglio Nazionale Forense e il suo organo di stampa di riferimento ha nome ‘Il Dubbio’. La testata in questione, da un po’ di tempo, è impegnata in una serie di campagne di stampa e di iniziative culturali apparentemente calibrate con l’intento di fare il solletico al Sistema, di non scalfirlo e – quindi – per un inevitabile effetto collaterale, di garantirlo. Eccone alcune, in ordine sparso: lotta alle fake news, lotta all’odio e alle sue invereconde manifestazioni, lotta al razzismo. Mamma mia, quanto lottano gli avvocati, oggigiorno! L’ultima notizia sparata in prima pagina, la più recente, riguarda un imperdibile convegno dove fior di giuristi ci hanno messo in guardia contro lo spauracchio ‘razzista’, appunto. Non ci stupiremmo se la prossima crociata in cantiere riguardasse l’antifascismo. Dichiararsi antifascisti in assenza di fascismo è uno dei più fulgidi esempi di quella strategia del ‘solletico al Sistema’ cui poc’anzi accennavo. Come si spiega la faccenda? Forse ricorrendo a Marx (del vecchio Karl non è proprio tutto da buttare) il quale, come noto, distingueva tra ‘struttura’ (il substrato economico di un contingente periodo storico e i correlati rapporti di forza tra le classi) e ‘sovrastruttura’ (le ‘polluzioni’ del dato economico, per così dire, di natura ‘ideologica’ cioè culturale, giuridica, di costume). A voler aggiornare tale chiave interpretativa, si potrebbe sostenere che viviamo in un sistema economico (e di rapporti sociali) supremamente ingiusto e manifestamente incostituzionale; esso si legittima e ‘riproduce’ attraverso istituzioni a-democratiche, ma purtuttavia ancorate al diritto positivo (ai famosi ‘trattati’ della Ue, in primis). E ciò con la precisa funzione di ammantare con una patina di legalità l’illegale – quando non criminale – scippo di diritti e sovranità in atto da decenni a danno dei cittadini del nostro e degli altri paesi europei. Tutt’intorno a questo dato fondamentale (di cui gli avvocati ‘non’ si occupano) c’è la gnagnera ‘ideologica’ che blatera dell’inessenziale, dell’inconferente, del superfluo. Qui trovano spazio i pallosissimi dibattiti (dove, in genere, ci si dà ragione a vicenda: sono tutte buone cause ‘vinte’ in partenza, a ben vedere) sulle fake news, sull’odio, sul razzismo, sulla parità di genere e sui loro ‘derivati’ giuridici. Ecco, l’attuale classe forense – non tutta, per fortuna, ma la sua creme certamente sì – discetta delle minutaglie sovrastrutturali, cioè degli inestetismi del tumore e ignora (a bella posta?) il tumore vero e proprio. Marx direbbe che l’avvocatura, oggi, adempie a puntino al compito storico, e classico, delle elites intellettuali partorite dai regimi di ogni epoca, natura e colore: dilettarsi col sesso degli angeli pur di non criticare il Regime. Eppure di avvocati rivoluzionari il passato è pieno (a partire da Danton e Robespierre). Questo pensiero ci conforti e ci consoli: possiamo trasformarci nell’avanguardia critica della denuncia. Non facciamoci sfiorare dal Dubbio.
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