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CRETINI NON TRASFERIBILI

assegnoC’è una questione abbastanza limitrofa e apparentemente insignificante rispetto all’immenso casino che c’è. Eppure, essa merita tutta la nostra attenzione per il suo “potenziale esplicativo”. Il “potenziale esplicativo” è la capacità di un fatto, di un oggetto, di una persona di farci capire, in un lampo, mille cose senza passare dal via: dallo studio, dall’apprendimento, dalla fatica della riflessione e della comprensione. Pensate a quando Neo, il protagonista di Matrix, diventa un super esperto cultore di arti marziali grazie a uno spinotto innestatogli nel cranio per pochi minuti. Ecco, quello spinotto ha un enorme “potenziale esplicativo”. Uno “spinotto” simile – ma non è un film, è tutto vero – è il seguente. Nel silenzio più assoluto, all’inizio dell’estate 2017, i parlamentari italiani (grossomodo gli stessi che andrete a rieleggere tra poco) approvano una norma dagli effetti devastanti. Essa, per un gioco perverso di rimandi e di richiami e in nome della  mitica lotta  alla criminalità e al riciclaggio di denaro sporco, prevede che chiunque riceve in pagamento un assegno nominativo e tracciabile (nominativo e tracciabile!) superiore ai mille euro (mille euro!) senza la clausola “non trasferibile” (e malauguratamente lo incassa) è soggetto a una sanzione da 3.000 a 50.000 euro che diventano 6.000 “soltanto” se il “delinquente” cala le brache e rinuncia a fare ricorso. In Italia pullulano oramai i casi di comuni cittadini che (in totale buona fede) emettono o incassano assegni staccati da vecchie matrici dove la fatidica clausola non c’è. Costoro vanno in banca, il cassiere nulla gli dice (perché mica è compito suo, lui sta lì a servire il padrone, non il cliente)  e, dopo qualche settimana, l’Agenzia delle Entrate (braccio armato del potere) gli schiaffa sul muso  la multa da seimila cucuzze. Perché abbiamo detto che è una vicenda dall’enorme “potenziale esplicativo”? Perché c’è tutto. Essa è un condensato insuperabile di ogni singola perversione dell’Evo Competitivo. C’è la stupidità della norma (che punisce un comportamento irreprensibile: quello di chi incassa un assegno intestato e perfettamente tracciabile), l’ottusità della burocrazia  (che sanziona non la sostanza di un reato grave, ma l’irrisorio vizio di forma di un gesto quotidiano), la protervia del forte sul debole (che colpisce con lo schiacciasassi della macchina fiscale una dimenticanza neppure veniale, ma addirittura irrilevante), l’incostituzionalità del Sistema (che concepisce una sanzione minima del 600 per cento a danno di un gesto innocuo), la dolosa cattiveria di uno Stato ignobile (che umilia il suddito, con luciferina malafede, per un futuro “peccato” contraddistinto da cristallina buona fede), lo zelo cretino degli aguzzini incaricati di sorvegliare e punire. Quanto all’ultimo aspetto, provate a far valere le vostre buonissime, ineccepibili ragioni in banca o con l’erario; vi risponderanno che avete sbagliato e dovete pagare; magari, possono dilazionarvi la pena in comode rate mensili. È questa la parte più agghiacciante dell’intera faccenda: siamo circondati da un esercito di secondini che non eseguono ordini criminali solo perché non gli sono ancora stati impartiti. E ce li dobbiamo tenere: non sono trasferibili.

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