Molti si sono scandalizzati per il curriculum di Luigi Di Maio, candidato in pectore alla presidenza del consiglio per conto dei 5 Stelle. L’uomo avrebbe la colpa di non essersi laureato e di aver fatto lo steward allo stadio San Paolo. Ci sono almeno quattro considerazioni da fare in proposito, tre in difesa di Di Maio e una, l’ultima, contro. In primo luogo, va detto che tale scandalo è roba da Novecento, molto classista avrebbe detto un marxista. Dove sta scritto che il diploma o la laurea ‘fanno’ le qualità di un uomo? Consentire l’accesso alle più alte cariche dello stato selezionando i candidati in base al titolo di studio significherebbe imporre una specie di oligarchia intellettuale dove solo i secchioni entrano nella stanza dei bottoni. In secondo luogo, va anche riconosciuto che la politica italiana, in linea di principio, non ha assolutamente nulla da eccepire nei confronti di chi ambisce a mansioni anche molto importanti senza poter vantare una laurea alla Bocconi o un master ad Harvard. Anzi, a dire il vero ha una tendenza opposta: esigere da tutti i giovani dello stivale una preparazione e un curriculum studi da scienziato Nasa, ma essere molto, molto tollerante con se stessa. Oggi c’è il numero chiuso persino ai colloqui di assunzione dei maestri d’asilo (con tutto il rispetto possibile per i maestri d’asilo): per ottenere qualsiasi posto pare ci voglia la laurea summa cun laude e il bacio accademico, tranne che per la poltrona più ambita dell’intero sistema educativo nazionale: quella di Ministro dell’Istruzione. E infatti, qui (proprio in questo posto qui) i nostri politici – tra cui molti democratici che oggi fanno gli schifiltosi con Di Maio per i suoi poco nobili trascorsi – ci hanno messo una maestra d’asilo (senza offesa per le maestre d’asilo). Una che non solo non ha la laurea, non ha neppure il diploma di maturità quinquennale. Per questo, lì (proprio in quel posto lì) sentono di averlo preso i giovani italiani, quando parla la ministra: non comprendono perché a decidere se, come e quanto (di solito tanto, tantissimo) essi devono studiare, sia una così ‘studiata’. Per tutti i predetti motivi, il leader del PD dovrebbe girare col sacchetto in testa e invece si vanta che lui “ha una squadra fortissimi”. E mentre Di Maio è sulla graticola perché sbaglia i congiuntivi, la Ministra ci rassicura tutti magnificando i suoi percorsi di studio “sempre più migliori”. Ora, però, concludiamo. Su cosa Di Maio è attaccabile a proposito delle sue esperienze giovanili? Dopotutto, faceva un lavoro dignitoso nello stadio del Napoli, stando alle sue parole: “Portavo le persone al proprio posto, ho accompagnato anche molti politici, soprattutto locali, e anche il presidente De Laurentiis”. Per la Treccani, lo Steward è un “impiegato che ha compiti di assistenza ai passeggeri a bordo di navi di linea, di treni letto o di lusso e di pullman di gran turismo”. Qualche giorno fa, Di Maio – leader di un partito già populista, già anti-europeista, già meritoriamente incendiario verso i poteri forti e la finanza transnazionale e la dittatura degli eurocrati – è volato a Londra a rassicurare quelli della City dicendo: “Non siamo populisti, non siamo ribellisti”. Forse doveva aggiungere: “Siamo al vostro servizio”. Il problema di Di Maio non è aver fatto lo steward in passato, ma volerlo continuare a fare anche in futuro.
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