Dico biotestamento e mi viene in mente il ‘nascondino’. Dico ius soli e mi viene in mente ‘mamma e casetta’. Dico step child adoption e mi viene in mente il ‘gioco dell’oca’. Perché? Perché questa associazione tra i temi che appassionano la politica italiana e i passatempi che incendiavano la nostra infanzia, prima dell’avvento dei videogiochi? Una ragione c’è, ma prima di affrontarla di petto va data risposta a un altro interrogativo: per quale ragione i partiti dell’attuale Repubblica (terza o quarta che sia) si infiammano così facilmente per certi contenuti, si accapigliano, si spendono con uno slancio civico davvero degno di menzione? Pensate a come Pisapia e Bersani, Orlando e Renzi e molte altre prime e seconde linee dell’area cosiddetta progressista – nel corso delle frenetiche trattative per assemblare una coalizione in vista delle elezioni primaverili – hanno insistentemente messo al primo posto della loro ‘to do list’ le ‘priorità’ di cui sopra. Tutta una declamazione: vogliamo lo ius soli! Bisogna estendere la cittadinanza! Se non passa il biotestamento non facciamo accordi! Ma il fenomeno non riguarda solo il centro-sinistra. Anche nel fronte grillino e, in taluni casi, perfino in quello sedicente moderato, certi argomenti spopolano e sono sovente collocati al posto d’onore dell’agenda programmatica. Ci sarà un motivo? C’è. Si tratta di materie sostanzialmente insignificanti, di rilievo irrisorio sulla vita concreta dei cittadini e, soprattutto, destinate a tradursi in riforme a costo zero. La stagione dell’innamoramento trasversale per i cosiddetti diritti civili (ho detto ‘civili’, non ‘sociali’) è figlia della ininfluenza cui si è condannato il Paese entrando, come ‘colonia’ soggiogata, nell’Impero Europeo. Detto altrimenti: riforme vere, di quelle che costano, destinate a impattare sui diritti ‘sociali’ (ho detto ‘sociali’, non ‘civili’) dei cittadini non possiamo più farne perché c’è il rispetto delle regole, il culto dell’austerity, la fine della sovranità monetaria, la perdita dell’autonomia nazionale. Oggi la ciccia, la roba che conta, e quindi la possibilità di fare spesa pubblica, investimenti, deficit ‘buono’ è di competenza esclusiva di certi signori finlandesi, lussemburghesi, portoghesi che, da lassù, si divertono da matti a guardare come il pezzente tricolore riuscirà a mettere insieme il pranzo con la cena utilizzando l’esigua mancetta risultante (a fine anno) una volta rispettati i parametri di Maastricht. E così, al villico italico che resta? Solo la possibilità di ‘giocare’. Proprio come a noi, quando eravamo bambini. Gli adulti decidevano in vece nostra se e quando avremmo mangiato e anche se e dove potevamo andare. A noi restava il rettangolo dei giochi di un cortile di periferia; lì, per gli italiani minorenni, era tutto un dilettarsi coi balocchi di allora: ‘mamma e casetta’, il ‘gioco dell’oca’, il ‘nascondino’. Oggi, i minorati italici si divertono, parimenti, con altri giochi: il biotestamento, lo ius soli, i diritti ‘civili’ (‘civili’, non ‘sociali’). Per quelli si eccitano. È l’unico spazio in cui gli è dato di (far finta di) essere liberi.
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